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La proposta di riforma del Senato presentata dal Governo Renzi — l’ottavo tentativo in quasi 30 anni — si basa su alcuni punti di rottura con il passato: no all’elezione diretta dei senatori, no al voto di fiducia del Senato al Governo, no al voto del Senato sulla legge di bilancio, no all’indennità ai senatori, sì a una composizione mista di amministratori locali. Per la cultura del cattolicesimo democratico che ha contribuito a formare la Costituzione, l’attenzione per un Senato riformato si concentra su due funzioni: potenziare le forme di controllo ed estendere la vocazione europeista. La riforma del Senato rimette al centro del dibattito la forma di Governo da dare all’Ordinamento, il ruolo e le prerogative del Presidente della Repubblica e il tipo di legge elettorale. È da questi punti che dipenderanno il destino del Governo Renzi e la credibilità del Parlamento chiamato a «potarsi» per dare nuova vita all’Ordinamento.