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ABSTRACT – Il viaggio apostolico di papa Francesco in Colombia (6-11 settembre 2017, in quattro tappe: Bogotá, Villavicencio, Medellín e Cartagena) è stato un vero e proprio «manifesto» profetico non solo in parole, ma anche in azioni e gesti che hanno prospettato la possibilità di un mondo differente, indicando anche alla Chiesa il suo ruolo proprio di servizio come sale della terra. Il motto del viaggio è stato Demos el primer paso, cioè «Facciamo il primo passo», citazione del n. 24 dell’Evangelii gaudium (EG).
Si è trattato di un viaggio profondamente desiderato e dalla lunga gestazione. Già la domenica del 20 settembre 2015, sulla Piazza della Rivoluzione de L’Avana, dopo la Messa e prima dell’Angelus, a sorpresa papa Francesco rivolse il suo pensiero «all’amata terra di Colombia» dove «i suoi figli stanno cercando di costruire una società pacifica».
Il processo che il Paese ha avviato verso la riconciliazione nazionale, dopo decenni di conflitti tra il governo e la guerriglia, implica che la pace non sia obiettivo finale, ma condizione fondamentale per lo sviluppo e la giustizia. Il Papa ha voluto in qualche modo accompagnarlo e benedirlo per indicare una strada possibile. «Pace» non significa infatti pacifismo ideologico né semplice desiderio di ordine sociale, né di facile copertura delle ingiustizie perpetrate e subite. Questa sarebbe una pseudo-giustizia, come il Papa ha chiarito nell’omelia della Messa a Villavicencio. Al contrario, la pace nasce dal «desiderio di risolvere le cause strutturali della povertà che generano esclusione e violenza […]. Non dimentichiamo che l’ingiustizia è la radice dei mali sociali». Sarebbe inoltre un errore credere che un processo di pace sia rapido, come pure che possa fluire senza intoppi o che risponda a un paradigma ideale. Imperfezione e incompletezza fanno parte del processo, proprio perché davvero umano e concreto.
La Chiesa è chiamata ad accompagnare il processo in atto, proponendo sempre con chiarezza i valori fondamentali dell’esistenza umana. Essa partecipa a un movimento in avanti costante, che è il movimento di tutto il popolo. Guai se essa invece – come il Papa ha detto ai vescovi colombiani – si trasformasse in una «casta di funzionari piegati alla dittatura del presente» o alle prese con «agende sottobanco (agendas encubiertas)».
La parola del Papa, lucidamente e scandalosamente evangelica, ha fatto comprendere che «tutti, alla fine, in un modo o nell’altro, siamo vittime, innocenti o colpevoli […], tutti accomunati in questa perdita di umanità che la violenza e la morte comportano». E per questo tutti – come recita il motto del viaggio – sono chiamati a «fare il primo passo».