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ABSTRACT – Il 14 novembre 1962 fu portato nell’aula conciliare lo schema De fontibus revelationis, che dopo un lungo percorso – sotto la costante vigilanza di Paolo VI – divenne, soltanto nelle ultime settimane del Concilio Vaticano II, la Costituzione sulla Divina Rivelazione, Dei Verbum.
La discussione sullo schema iniziale di questo documento costituì un momento di svolta. Per la prima volta, infatti, le sue due «anime» del Concilio – quella più «conservatrice» e quella più «progressista» – si affrontarono in modo aperto. In quell’occasione, per così dire, «il concilio si appropriò di se stesso». Le fasi antipreparatoria e preparatoria, infatti, erano state dominate dagli ambienti della Curia e dai maggiori esponenti della teologia scolastica, facendo temere a molti un Concilio interamente controllato da Roma.
Lo schema De fontibus revelationis era suddiviso in cinque capitoli. Il primo – quello più importante e impegnativo sul piano dottrinale – era dedicato alla «duplice fonte della rivelazione», cioè al rapporto tra Sacra Scrittura e Tradizione. Lo schema su questo punto affermava che alcune verità si trovano nella Scrittura e altre – quelle che gli autori del Nuovo Testamento non avevano messo per iscritto – nella Tradizione. Così si parlava di due fonti distinte di trasmissione della Rivelazione. Questa dicotomia era il risultato di un’antica controversia teologica ereditata dalla polemica antiprotestante.
Le carenze del De fontibus erano state già notate da molti vescovi e teologi mentre esso era in divenire. In particolare, come spiegarono poi i cardinali Liénart e Frings «perché non parla della Parola di Dio che è la fonte unica e più profonda da cui promanano la Scrittura e la Tradizione». Di qui, appunto, il lungo dibattito. Qui fu molto importante in particolate l’intervento che il card. Bea che fece notare come il testo non corrispondesse allo scopo che il Papa aveva assegnato al Concilio. Disse: «Manca completamente di afflato pastorale».
Alla fine del lungo iter fu accolta la tesi sull’insostituibile importanza della Scrittura nella trasmissione della Rivelazione e nella vita della Chiesa in unione con la Tradizione e il Magistero. Si arrivò a una formula che accontentò tutte le parti: «Avviene così che la Chiesa non attinge dalla sola Sacra Scrittura la sua certezza su tutto ciò che è rivelato. Perciò l’una e l’altra [Sacra Tradizione e Sacra Scrittura] devono essere accolte e venerate con uguale sentimento di pietà e di rispetto» (Dei Verbum, n. 9).