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Nel 2013 fu pubblicato il libro di Thomas Flichy de La Neuville, Chine, Iran, Russie: un nouvel empire mongol?[1]. All’epoca si trattava soltanto di una ipotesi, ma oggi ciò appare una possibilità concreta, in particolare dopo che il 27 aprile 2021 è stato siglato il trattato tra Cina e Iran, e dopo che le relazioni bilaterali tra queste tre potenze asiatiche si sono sviluppate fino a dar vita a un rapporto triangolare. Alla base di esso vi sono sia gli interessi reciproci sia la resistenza contro gli avversari comuni. Il solo valore complessivo di tutti e tre i Paesi – Cina, Iran e Russia – rende inevitabile che i destini dell’Eurasia siano determinati da tale possibile alleanza. Questa costellazione – che in effetti ricorda l’antico Impero mongolo, che dominò l’Eurasia per almeno un secolo, ed era costituito da tre parti diverse, ma connesse tra loro: la dinastia Yuan in Cina, l’Orda d’Oro nella regione dell’attuale Russia, e il Khanato di Persia – merita quantomeno di essere presa in considerazione.
Qui non intendiamo parlare del fatto che lo spostamento del potere verso l’Asia – e in particolare verso il più grande Paese asiatico – determinerà certamente il futuro, almeno quello dell’Eurasia. Può anche darsi, come sostengono alcuni analisti[2], che la crescita della Cina giunga a una rapida fine. È ciò che gli studiosi avevano previsto già da decenni, anche se finora le loro analisi si sono dimostrate alquanto inesatte. Infatti, sebbene The coming collapse of China («L’imminente crollo della Cina») sia stato pubblicato nel 2001, e sebbene nel 2013 il suo autore scrivesse che mancava solo un anno alla realizzazione delle sue previsioni, ancora oggi questi analisti continuano a essere considerati «esperti in affari cinesi»[3].
Tutto è possibile. Non sappiamo ciò che ci riserva il futuro. Qui però vogliamo mostrare come già ora questo spostamento del potere stia divenendo realtà. La «svolta verso l’Oriente» iraniana ne è un esempio. Per «Oriente» qui non si intende una categoria geografica, bensì una categoria ideale, come un’alternativa all’«Occidente» ideale. Già il presidente Rafsanjani (1989-97) voleva migliorare le relazioni con la Cina e la Russia. Poi, sotto Ahmadinejad (2005-13), è seguita la politica dello «Sguardo a Est», sebbene apparentemente in contraddizione con lo slogan «Né Oriente né Occidente, ma Repubblica Islamica!»[4]. Nel 2018 il capo della rivoluzione, Ali Khamenei, ha dichiarato che l’Oriente costituiva la priorità in politica estera, e ha chiamato questa visione «lo sguardo a Est: l’alleanza con la Russia e la Cina»[5].
Molti elementi indicano che tale «svolta» potrà avere anche conseguenze concrete, in quanto ci sono pure i presupposti di politica estera ed economici. La Russia, ossia il nucleo dell’area eurasiatica, a differenza di 20 anni fa, oggi ha preferito una propria «svolta verso l’Oriente»: una scelta dovuta a varie ragioni, non ultima il quasi totale annullamento delle relazioni con l’Europa e con gli Usa. L’Iran viene integrato nell’area commerciale eurasiatica: l’area di libero commercio è già in funzione, ma ora ci sono voci addirittura di un’adesione completa. Tuttavia, anche l’integrazione dell’Iran con l’Unione economica eurasiatica (Uee), attualmente in fase di realizzazione, avrebbe solo un significato regionale insignificante, se non rappresentasse una tendenza del Paese a staccarsi dall’Occidente e a legarsi alla Cina.
La firma dell’accordo con la Cina[6] rappresenta un’altra indicazione – probabilmente la più importante – della «politica orientale» dell’Iran. Ancora più significativo, per le conseguenze economiche concrete di tale collaborazione, è il fatto che questa «svolta verso l’Oriente» dell’Iran, insieme a quella russa, è effettivamente in corso e ha come suo centro e punto di partenza la Cina.
Verso questo Paese tendono tutti quelli che hanno, per così dire, «un problema con l’Occidente». Questa antitesi alla «occidentalizzazione» finora è soltanto un «controprogetto», un atto di liberazione dall’influenza occidentale sotto la protezione del nuovo Paese egemone, la Cina. In che misura le nazioni che si rivolgono «verso l’Oriente» vogliono cambiare di conseguenza – o se non vogliono, almeno essere disposti a sottomettersi all’influenza cinese – è una questione ancora aperta. Finora tuttavia è molto chiaro che la volontà della Cina – soprattutto a causa del deterioramento delle relazioni con gli Usa e con i suoi alleati, come l’Australia – è stata quella di aderire a tale tendenza della «svolta verso l’Oriente», almeno politicamente ed economicamente.
L’idea di un ordinamento mondiale post-occidentale, basato sullo spostamento del potere economico verso l’Asia, sta a indicare soprattutto uno spostamento verso la Cina[7]. Gideon Rachman, autore del noto libro Easternization. Asia’s Rise and America’s Decline. From Obama to Trump and beyond («L’orientalizzazione. L’ascesa dell’Asia e il declino dell’America. Da Obama a Trump e oltre»)[8], ha affermato in un’intervista: «Siamo giunti alla fine di questa epoca [di dominio occidentale]. Ci sono molte ragioni, ma penso che la più importante sia l’improvvisa crescita economica in Asia, che è stata abbastanza significativa, quando riguardava solo il Giappone, la Corea del Sud e il Sudest asiatico. Ma ora che ha raggiunto Paesi così grandi come la Cina e l’India, ha costituito il punto di svolta (game-changer) non soltanto dell’economia mondiale (la produzione industriale nel 2019 in Cina da sola ha superato quella complessiva di Usa, Germania, Francia e Regno Unito[9], e nel 2021 il vantaggio della Cina è diventato ancora più netto, essendo diventata la sua produzione industriale più del doppio di quella degli Usa[10]), ma anche della politica internazionale. Come al tempo della massima potenza occidentale il mondo era occidentalizzato, così ritengo che dall’Asia arriverà sempre più potere, almeno politico e, in seguito, anche culturale»[11].
Negli ultimi tempi – in particolare dal 2020 – sono state pubblicate diverse ricerche secondo le quali non soltanto le nazioni di recente industrializzazione, ma anche i Paesi dell’«Occidente» stanno adottando il modello cinese e preferiscono una propria «svolta mentale verso l’Oriente»[12], che si riflette sulla politica, e in particolare sull’economia[13].
Sebbene nella nuova conformazione eurasiatica la Cina abbia un ruolo principale – e senza la sua ascesa non sarebbe affatto possibile tutto quello che adesso stanno operando la Russia e l’Iran, ma anche altri attori di questa regione –, è interessante esaminare le relazioni tra l’Iran, la Russia e l’Asia centrale, innanzitutto perché sono meno note, ma anche perché, accanto alla gigantesca iniziativa della «Nuova via della seta», che dovrà collegare l’Oriente e l’Eurasia occidentale, c’è anche un progetto «Nord-Sud», che è destinato a collegare la Russia, l’Iran e l’India.
L’Iran si rivolge verso l’Oriente
Dopo la «svolta verso l’Oriente» russa[14] – che ha anche i suoi punti deboli e, almeno in parte, è stata provocata dalle circostanze, proprio come l’attuale avvicinamento tra Cina, Russia e Iran –, è giunto il momento di parlare della «svolta verso l’Oriente» iraniana. Ciò può apparire a prima vista paradossale, dal momento che l’Iran si trova in Oriente e viene anche generalmente considerato come avversario dell’Occidente. Ma possiamo osservare come fino a qualche tempo fa per gli iraniani l’Europa costituisse un punto di riferimento sia economico sia culturale. Solo a partire dal 2016 si è assistito a un cambiamento di questa realtà e anche della mentalità iraniana. Adesso la Russia e la Cina dovrebbero rimpiazzare tutto quello che in passato hanno fatto in Iran gli Usa e l’Europa[15].
Questa svolta aveva avuto inizio intorno al 2000, sebbene allora si limitasse al campo economico. I Paesi dell’Asia in via di sviluppo – soprattutto Cina e India – avevano bisogno di ciò che l’Iran poteva dare loro: il petrolio[16].
Per certi versi, l’attuale orientamento verso l’Oriente ricorda la politica del presidente Ahmadinejad (2005-13), quando le sanzioni costrinsero il Paese a cercare nuovi partner. Oggi però c’è anche una grande differenza rispetto ad allora: non si tratta più di cercare un’alternativa obbligata alle relazioni con gli Usa, e in particolare con l’Europa, ma di una politica strategica e di lungo periodo. Oggi Teheran intende creare un nuovo ordine non soltanto economico e politico, ma anche di sicurezza, e sottolineare gli aspetti militari della cooperazione con la Cina, come pure con la Russia. La sua svolta verso l’Oriente evidenzia l’allontanamento della Russia e, in particolare, della Cina dall’Occidente, in quanto esse sono pronte a un ulteriore inasprimento del conflitto con gli Usa a causa del peggioramento delle relazioni di questi ultimi con l’Iran.
In questa «svolta verso l’Oriente» la Cina svolge un ruolo chiave. Per due decenni si è impegnata a ridurre, almeno in parte, l’isolamento internazionale dell’Iran, divenendo così il suo partner commerciale più importante, soprattutto dopo l’introduzione delle sanzioni degli Usa contro Teheran[17]. Anche se finora l’Iran ha cercato di presentarsi, almeno nella retorica ufficiale, come uno Stato rivoluzionario, la sua politica estera – con alcune eccezioni, come nei rapporti con Israele – ha un orientamento molto pragmatico, comprese le relazioni con la Cina e la Russia, che molto difficilmente si possono conciliare con un’agenda rivoluzionaria islamica: si pensi, ad esempio, allo Xinjiang e alla Cecenia.
L’Iran punta sul fatto che l’ordinamento mondiale occidentale ormai è superato, e al suo posto è subentrato un altro ordinamento, nel quale né l’Occidente né l’Oriente hanno un posto preminente, ma è la Cina ad averlo, almeno in Eurasia. Perciò l’Iran è disposto a impegnarsi pienamente nel piano di trasformazione dell’Eurasia, e molto spesso costituisce il motore di tale processo.
Anche se nella sua crescita economica la Cina dipende ancora molto fortemente dal mercato americano[18] (ma molto probabilmente questa situazione cambierà nei prossimi anni[19]), dalle tecnologie dell’Occidente, o dai Paesi che si trovano nella sfera di influenza occidentale, come Taiwan e la Corea del Sud, per quanto riguarda i chips ad alta tecnologia[20], essa si è mostrata molto disponibile a rafforzare i rapporti con l’Iran[21].
L’Iran, la Russia e l’Unione euroasiatica: una prospettiva reale?
Dal momento che i rapporti tra Cina e Iran sono stati già oggetto di grande attenzione da parte dei mass media, qui vogliamo concentrarci su alcuni aspetti meno noti della svolta iraniana verso l’Oriente, ossia sui suoi rapporti con la Russia e con l’Unione economica euroasiatica (Uee)[22].
Le relazioni tra la Russia e l’Iran[23] sono sempre state, per usare un eufemismo, mutevoli. Le guerre del XIX secolo, la spartizione, operata dalla Gran Bretagna, dell’Iran in sfere di influenza e l’occupazione della parte settentrionale del Paese durante la Seconda guerra mondiale, tutti questi eventi hanno lasciato strascichi nell’Iran attuale. Ma non è tutto: fino a poco tempo fa negli iraniani c’era il sospetto che la Russia, seguendo l’esempio degli europei, potesse abbandonare il loro Paese in qualsiasi momento, per non danneggiare le proprie relazioni con gli Usa, o in vista di migliorarle. In effetti, nella storia recente la Russia ha sacrificato le proprie relazioni con l’Iran nella speranza di migliori relazioni con gli Usa, soprattutto per quanto riguarda le forniture di armi. Nel 2010, per non compromettere il «reset» con gli Usa, ha rinunciato alla vendita degli S-300, sebbene fosse stato già firmato il contratto, e sebbene questo non rientrasse nella lista delle sanzioni. Tali leggerezze hanno pregiudicato fortemente la fiducia degli iraniani nella lealtà e affidabilità della Russia. Solo la cooperazione di questi due Paesi nella guerra siriana è riuscita a rafforzare la loro fiducia reciproca, portando le loro relazioni a un «livello strategico»[24].
Tuttavia, secondo alcuni analisti, anche in occasione della guerra siriana la Russia e l’Iran non sono diventati partner strategici, e non lo diventeranno in un futuro prossimo. Come abbiamo già detto, negli anni Novanta le relazioni con l’Iran erano ritenute importanti da Mosca solo come strumento per migliorare i rapporti con l’Occidente[25]. I loro progetti – anche economici – fino a poco tempo fa sono rimasti quasi esclusivamente sulla carta, come, ad esempio, quello più famoso che esamineremo ora.
Il «corridoio Nord-Sud»
Il progetto fu avviato già nel 2000 dall’Iran, dall’India e dalla Russia, con il proposito di collegare l’India all’Europa passando per l’Iran[26]. Si tratta di un sistema di trasporti che, mediante una linea ferroviaria o addirittura per mezzo di un canale di collegamento previsto tra il Mare Arabico e il Mar Caspio, dovrebbe collegare l’India con l’Asia centrale, con la Russia e, più in generale, con l’Europa. Questo percorso, malgrado i diversi trasbordi che devono compiere le merci, appare più rapido ed economico rispetto a quelli tradizionali. Finora però sono entrate in funzione soltanto alcune parti di tale corridoio, mancando il capitale per il suo completamento definitivo, e solo poche compagnie di trasporto si azzardano a utilizzare questa via, finché restano in vigore le sanzioni contro l’Iran[27].
Tuttavia le situazioni cambiano e, come riferisce la Jamestown Foundation per gli studi eurasiatici, gli ambiziosi progetti russo-iraniani per la costruzione di un canale tra il Mar Caspio e l’Oceano Indiano stanno andando avanti. Solo poco tempo fa ciò appariva impossibile a causa delle difficoltà tecniche e finanziarie, oltre che per l’opposizione di altri Paesi. Ora però che la Russia e l’Iran stanno per realizzare il «corridoio Nord-Sud» mediante la ferrovia e le autostrade, anche il progetto di un canale che, seguendo i fiumi iraniani, dovrebbe collegare il porto di Anzali, sul Mar Caspio, con il Golfo Persico, appare sempre più realistico[28]. C’è però il problema che il Mar Caspio è 29 metri più basso rispetto all’Oceano Indiano. Per questo l’Iran dovrebbe sviluppare un sistema di dighe e di pompe per l’acqua, per cui ci sarebbe bisogno di ricorrere all’energia atomica. Ma se questo progetto verrà realizzato, attraverso il canale si potranno trasportare fino a 20 milioni di tonnellate di merci all’anno in entrambe le direzioni. Così ci sarà un collegamento più stretto della Russia con l’Iran, l’India – che partecipa anch’essa al progetto – e l’Asia meridionale, facendo diminuire l’importanza del canale di Suez[29].
Se si pensa al significato geopolitico ed economico di questo nuovo canale, non deve meravigliare che il progetto incontri la forte opposizione dei Paesi occidentali. Già nel 1997 gli Stati Uniti avevano avvertito che qualsiasi azienda che avesse partecipato alla costruzione del canale sarebbe incorsa in sanzioni. Ora però la Russia crede di poter ignorare queste minacce, dal momento che, ricorrendo in modo eccessivo alle sanzioni, gli Usa hanno svalutato molto tale strumento. Le aziende russe, con il sostegno del loro governo, procedono nella realizzazione di questo progetto, perché, oltre che redditizio, lo considerano parte della strategia di resistenza alla pressione degli Usa. Inoltre, sullo sfondo c’è ancora una volta il crescente potere della Cina: la costruzione del canale viene vista come una possibilità per ampliare i rapporti commerciali con questa nazione grazie ai progetti infrastrutturali e per integrarsi nei piani cinesi della «Nuova via della seta». E questi vantaggi superano i danni causati dalle possibili sanzioni degli Usa[30].
A partire dal 2018 si è assistito anche a un grande movimento di cooperazione e di integrazione economica dell’Iran non soltanto con la Russia, ma anche con l’Unione economica eurasiatica, guidata dalla Russia e che comprende la Bielorussia, l’Armenia, il Kazakistan e il Kirghizistan. Sono in corso trattative tra l’Iran e l’Uee per una zona di libero scambio permanente, che corrisponde alla «svolta verso l’Oriente» iraniana. Grazie alla creazione di questa zona, l’Iran potrà trovare nuovi mercati per le sue merci, sfuggendo anche in parte alle sanzioni americane.
L’Uee sta conducendo anche trattative per una zona di libero scambio con Israele[31]. Non si può escludere che alcune forze in Iran possano tentare di farle fallire. L’accordo dell’Uee con Israele può creare alcuni problemi a quello con l’Iran. Tuttavia, finora l’Iran ha dimostrato di prendere sul serio la sua svolta verso l’Oriente. Dopo la sua visita a Mosca del 10 febbraio 2021, il presidente del Parlamento iraniano ha fatto capire che l’Iran potrebbe diventare un membro a tutti gli effetti dell’Unione economica eurasiatica[32]. Si tratta solo di pura speculazione, ma già il fatto che sia stato possibile esprimere questo auspicio è di per sé significativo.
Dopo quella russa, l’economia iraniana è la seconda in ordine di grandezza nell’ambito dell’Uee, ma l’Iran può trovare pochi mercati esteri per le sue merci, per cui per essa la zona di libero scambio con l’Uee è d’importanza vitale. Allo stesso tempo, la Russia, insieme al Kazakistan, vede nell’Iran un mercato per i suoi prodotti industriali. Così anche l’Armenia, che confina con l’Iran amico, può evitare l’embargo parziale attraverso l’Azerbaigian e la Turchia, e divenire persino un Paese di transito.
Finora l’esperienza della zona provvisoria di libero scambio (il trattato, valido per tre anni, è entrato in vigore il 27 ottobre 2019) è stata molto incoraggiante. Sebbene quella fosse l’epoca in cui venivano decise nuove sanzioni contro l’Iran, e nonostante il lockdown imposto dalla pandemia da Covid-19, il commercio tra l’Iran e l’Uee è potuto crescere del 18% e ha raggiunto quasi i 3 miliardi di dollari. Per ciò che si è visto, l’economia iraniana è quella che ha tratto il maggiore profitto da tale trattato: le esportazioni iraniane sono cresciute più rapidamente delle sue importazioni.
Ma va anche detto che la quota del commercio dell’Uee con l’Iran rappresenta solo lo 0,5% del volume globale (per l’Iran è il 3%). Alla Russia tocca la quota principale del commercio (75-85%) delle esportazioni e il 65% delle importazioni iraniane nel commercio con l’intera Uee. L’Armenia merita una menzione particolare perché a essa va il 25% delle importazioni dell’Unione economica eurasiatica dall’Iran[33].
Malgrado l’importanza economica relativamente bassa dell’Uee e dell’Iran, entrambe possono giungere a un partenariato strategico, limitato all’area eurasiatica. Se Cina, Iran e Russia riescono a coordinare le loro politiche e ad armonizzare i loro commerci almeno in tale zona, insieme al progetto cinese della «Nuova via della seta» si può creare una nuova area politica ed economica che va dal Pacifico fino al Baltico, e dall’Artico fino al Golfo Persico.
Assieme agli altri Stati dell’area eurasiatica e alla Cina, l’Iran è riuscito a ottenere, accanto a una cooperazione di tipo economico, una forte collaborazione per la sicurezza politica. Ciò distingue l’attuale politica dello «sguardo a Oriente» dai suoi precedenti approcci sotto il presidente Ahmadinejad. Il Paese non scommette più fondamentalmente sulle istituzioni esistenti, ma sempre più su piattaforme semiformali. Ispirandosi al modello del Processo di Astana[34], nel 2018 l’Iran ha avviato un «Dialogo regionale per la sicurezza». Il primo incontro, che si è tenuto a Teheran, ha avuto come tema la situazione in Afghanistan. Allo scambio sono intervenuti l’Afghanstan, la Russia, l’India e la Cina. Si è discusso pure di altri temi, come la cooperazione economica, la lotta al terrorismo in Asia centrale e la guerra in Siria. I partecipanti hanno deciso di creare una segreteria comune e di organizzare riunioni annuali[35].
Tutti e tre i Paesi – Cina, Iran e Russia – si sono allontanati dall’ordinamento mondiale di stampo occidentale e ora cercano di stabilire relazioni con l’«Oriente globale». E questo li rende – se non dal punto di vista economico, almeno da quello politico, ideologico e geostrategico – partner importanti l’uno per l’altro[36]. Anche se le relazioni reciproche tra questi tre Paesi sono mutevoli ed essi hanno interessi diversi, la firma dell’accordo di partenariato strategico tra Iran e Cina, da una parte, e l’integrazione dell’Iran nell’Unione economica eurasiatica, dall’altra, fanno riconoscere come possibile una nuova configurazione dell’Eurasia.
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[1]. Cfr Th. Flichy de La Neuville, Chine, Iran, Russie: un nouvel empire mongol?, Limoges, Lavauzelle, 2013.
[2]. Cfr P. Robinson, «Cold War II: Just How Dangerous Is China?».
[3]. G. G. Chang, The Coming Collapse of China, New York, Random House, 2001.
4]. Cfr E. Pesaran, Iran’s Struggle for Economic Independence. Reform and Counter-Reform in Post-Revolutionary Era, New York, Routledge, 2011.
[5]. A. Sadrzadeh, «Khameneis Blick nach Osten», in Iran Journal, 14 gennaio 2021.
[6]. Full Text of Joint Statement on Comprehensive Strategic Partnership between I.R. Iran und P.R. China, 20 aprile 2021.
7]. Secondo dati recenti, dopo la pandemia l’economia cinese è cresciuta di oltre il 18%: cfr J. Cheng, «Chinese Economy Grew More Than 18% in First Quarter», in The Wall Street Journal , 16 aprile 2021. La crescita dello scambio commerciale tra l’Iran e la Russia è in termini assoluti – più o meno un miliardo – veramente irrivelante, e il commercio tra l’Iran e la Cina dipende molto dalle esportazioni di petrolio iraniano.
[8] . Cfr G. Rachman, Easternization. Asia’s Rise and America’s Decline From Obama to Trump and Beyond, Other Press, 2018.
[9] . Cfr F. Richter, «China Is the World’s Manufacturing Superpower», in statista, 4 maggio 2021.
[10]. Cfr «Industrial production in constant prices of 2010», in knoema.
[11]. N. Gordon, «Easternization: “A game-changer for not just the world economy, but also for international politics”», in Asian Review of Books, 21 settembre 2017.
[12]. G. Steingart, «Lautloser Systemwechsel: Wir kopieren den China-Kapitalismus, und kaum einer merkt es» («Cambio di sistema silenzioso. Stiamo copiando il capitalismo cinese, e quasi nessuno se ne accorge»), in Focus.de , 3 maggio 2021.
[13]. Cfr T. Kaiser, «Europas riskanter Plan, China zu kopieren» («Il piano rischioso dell’Europa per copiare la Cina»), in Welt, 5 maggio 2021.
[14]. Cfr V. Pachkov, «La Russia tra l’Europa e l’Asia. Verso Oriente alla ricerca di se stessa?», in Civ. Catt. 2017 III 276-284.
[15]. Cfr A. Sadrzadeh, «Khameneis Blick nach Osten» («Lo sguardo di Khamenei verso l’Oriente»), in Iran Journal, 14 gennaio 2021.
[16]. Cfr Н. Смагин. «Торговля Ирана и ЕАЭС и перспективы ее развития» («Il commercio tra l’Iran e l’Unione Euroasiatica e le sue prospettive»), in РСМД, 17 marzo 2021.
[17]. Cfr «Iran Exports, Imports, and Trade Partners», in OEC (https://oec.world/en/profile/country/irn).
[18]. Cfr D. Moss, «How Much of Chinas GDP Was Made in America?», in Bloomberg Opinion, 16 aprile 2021.
[19]. Cfr P. Coppens, «Can China catch up with US on semiconductors?».
[20]. Cfr «ZTE and Huawei Sanctions».
[21]. Cfr J. J. Ikoba, «China’s chip imports climb to nearly $ 380 billion in 2020», in Gizmochina, febbraio 2021.
[22]. Cfr https://tinyurl.com/kdrk39a8
[23]. Sulle relazioni tra la Russia e l’Iran, cfr В. Хосейнзадех, «Российско-иранские отношения на современном этапе» (Le relazioni russo-iraniane in epoca moderna), Дипломатическая Академия Министерства Иностранных Дел Российской Федерации (Accademia diplomatica del ministero russo degli Affari esteri), Mosca, 2018.
[24]. N. Kozhanov, Understanding the Revitalization of Russian-Iranian Relations, Carnegie Moscow Center, 2015.
[25]. Cfr Н. Смагин, «Стратегическое недоверие: Почему у России и Ирана не получается стать партнерами?» («Una diffidenza strategica: Perché la Russia e l’Iran non riescono a diventare partner?»), in Московский Центр Карнеги (Carnegie Moscow Center), 4 giugno 2019.
[26]. Cfr M. Fayez Farhat, «North-South Corridor: The Limits of Iranian Power», in Journal for Iranian Studies, 7 giugno 2018.
[27]. Cfr Н. Смагин, «Стратегическое недоверие: Почему у России и Ирана не получается стать партнерами?», cit.
[28]. Cfr P. Goble, «Moscow Now Seeking to Make the Caspian Both a North-South and an East-West Hub», in Eurasia Daily Monitor, 24 marzo 2020.
[29]. Cfr А. Леонов, «Вместо Суэца: Из Каспия в Индийский океан» («Invece di Suez: dal Mar Caspio all’Oceano Indiano»), in Столетие, 16 aprile 2021.
[30]. Cfr P. Goble, «“Canal War”. Breaking Out in Greater Caspian Region», in Eurasia Daily Monitor, 29 aprile 2021.
[31]. Cfr «ЕАЭС» и Израиль обсуждают создание зоны свободной торговли» («Uee e Israele dialogano riguardo alla zona del libero scambio»), in rg.ru.
[32]. Cfr Е. Цоц, «Иран вступает в ЕАЭС. Какую выгоду получит Россия?» («L’Iran aderisce all’Uee. Quali vantaggi ne avrà la Russia?»), in Regnum, 22 febbraio 2021.
[33]. Cfr Н. Смагин, «Торговля Ирана и ЕАЭС и перспективы ее развития», cit.
[34]. Il Processo di Astana è un processo di pace per la guerra civile siriana messa in atto, a partire dal 2016, dalle diplomazie di Russia, Turchia e Iran.
[35]. Cfr A. Zamirirad, «Irans “Blick nach Osten”», in Berlin, Deutsches Institut für Internationale Politik und Sicherheit, 2020.
[36]. Cfr А. Шустов, «Иран и Китай хотят перекроить геополитическую карту Центральной Азии» («L’Iran e la Cina vogliono trasformare la carta geopolitica dell’Asia centrale»), in Евразия Эксперт, 23 gennaio 2017.