Il tema del Giudizio finale è presente nell’arte fin dall’epoca bizantina. Il punto di arrivo è l’affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina. L’articolo analizza la grande «macchina iconografica», che, in un’epoca di crisi politica e religiosa, espresse il desiderio del ritorno a Dio. Al centro non c’è (come nel Giudizio di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova) il Cristo giudice, ma un «vuoto», che esprime la «terribilità» dell’evento e l’impotenza dell’uomo. Invece un’opera moderna, il teschio coperto di diamanti di D. Hirst, sembra essere un simbolo che esorcizza la morte. Nella visione cristiana il Giudizio è la fiducia dell’uomo nell’incontro definitivo con Dio. L’Autore è direttore della Galleria San Fedele di Milano.
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IL «GIUDIZIO UNIVERSALE» TRA PASSATO E PRESENTE
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