a cura di V. FANTUZZI
Cose di questo mondo (Gran Bretagna, 2002). Regista: MICHAEL WINTERBOTTOM. Interpreti principali: J. U. Torabi, Enayatullah, N. Elouhabi, I. Elouhabi, I. Paracha, Iamau.
Due cugini afghani di etnia Pashtun, Jamal ed Enayatullah, vivono a Peshawar, città pakistana non lontana dal confine con l’Afghanistan. Jamal è orfano; lavora in una fabbrica di mattoni e vive nell’affollato e caotico campo profughi di Shamshatoo. Enayatullah invece lavora al mercato insieme ai genitori. La loro vita non è facile. Con la speranza di un futuro migliore per tutti, la famiglia di Enayatullah decide di far espatriare il ragazzo per mandarlo a lavorare in Gran Bretagna. Jamal, che a differenza del cugino conosce l’inglese, convince gli zii a mandare a Londra anche lui. In questo modo i due giovani (18 anni Enayatullah, 14 Jamal) si uniscono al milione di rifugiati che ogni anno mettono la propria vita nelle mani dei trafficanti di clandestini.
Il viaggio avviene via terra. In autobus fino a Quetta. In camion fino in Iran. In automobile da Teheran a Maku, villaggio di frontiera tra Iran e Iraq. Attraversamento a piedi delle montagne e poi in camion fino a Istanbul. La parte più difficile del viaggio deve ancora venire. Chiusi con altri profughi all’interno di un container a bordo di un cargo, i due cugini attraversano l’Egeo, lo Ionio e l’Adriatico. All’arrivo, nel porto di Trieste, Jamal si accorge che Enayatullah è morto soffocato lungo il tragitto. Telefona la notizia agli zii, dopo di che non gli resta che proseguire in treno (senza pagare il biglietto) fino al campo profughi di Sangatte, nel Nord della Francia.Trovato un altro compagno di viaggio, attraversa il tunnel sotto la Manica nascosto tra le ruote di un tir. Lo aspetta un futuro da clandestino oppure il rimpatrio forzato non appena avrà compiuto 18 anni.
Scritto da Tony Grisoni, prodotto da Andrew Eaton e Anita Overland, diretto da Michael Winterbottom (regista indipendente, già noto per precedenti pellicole di impegno civile), realizzato con comprensibili difficoltà, all’indomani dell’attentato alle «torri gemelle» dell’11 settembre 2001, in Pakistan, Iran e Turchia, oltre a diversi luoghi dell’Europa, il film Cose di questo mondo (titolo originale In this world) ha vinto l’Orso d’oro al recente festival di Berlino e giunge tempestivamente (distribuzione Mikado) sugli schermi italiani.
Un tragico incidente (uno dei tanti) avvenuto nel giugno del 2000, quando 58 clandestini cinesi persero la vita stipati dentro un camion che doveva portarli all’estero, è servito a richiamare l’attenzione di Winterbottom e dei suoi collaboratori sulle complesse questioni che circondano il problema dell’immigrazione. «Continuo a chiedermi — dice il regista — come sia possibile che dopo aver letto tante tragiche storie sui giornali, dopo esserci resi conto delle difficoltà che tante persone affrontano per arrivare fin qui, le nostre reazioni siano sempre di ostilità nei loro confronti. Credo che, se la gente avesse la possibilità di sapere ciò che tutte queste persone sono costrette a sopportare e ad affrontare prima di arrivare nel nostro Paese, forse avrebbe maggior rispetto nei loro confronti».
Girato in ambienti naturali con attori non professionisti, il film ha l’immediatezza di un documentario realizzato con mezzi leggeri. «Non c’è mai stata una vera sceneggiatura — dice Grisoni —. Avevamo una bozza di 20-30 pagine che rappresentava la spina dorsale del film. Le battute venivano improvvisate giorno per giorno in base alla situazione che si presentava. D’altra parte, gli attori non professionisti non sarebbero stati neppure in grado di impararle a memoria». Le riprese sono state effettuate con una piccola telecamera digitale e senza illuminazione artificiale.
Il produttore Eaton aggiunge: «Nessuno della troupe sapeva cosa il regista avrebbe chiesto di fare il giorno successivo. Tutti se la sono cavata benissimo. Accendevamo la telecamera al mattino e la spegnevamo alla sera, senza interruzioni. Alla fine ci siamo trovati con centinaia di ore di materiale. Con il digitale puoi riprendere un viaggio come avviene, invece di filmare le varie sequenze per poi rimontarle». Alla fine delle riprese i due ragazzi sono stati riportati in Pakistan. Ma uno di loro (Jamal) dopo breve tempo è tornato a Londra, dove adesso vive come meglio può, a conferma che cose di questo genere accadono nella realtà di tutti i giorni.