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La complessità dell’epoca attuale, caratterizzata da guerre e crisi di ogni genere, richiede risposte atte a ridefinire un’adeguata ristrutturazione sociale. L’esigenza è dettata anche dagli incalzanti ritmi della transizione tecnologica, la cui accelerazione ci pone innanzi a nuovi scenari dagli effetti inediti. Occorre intraprendere nuovi percorsi che possano aiutare i popoli e i loro governanti a giungere a una maturità differente, capace di farci superare la paura dell’ignoto che alberga nelle coscienze e ispirare scelte coraggiose che possano condurre a nuovi equilibri di pace. Questi sono gli obiettivi che hanno caratterizzato il convegno organizzato nell’ottobre del 2023 a San Giovanni Rotondo, per celebrare il 60°anniversario dell’enciclica Pacem in terris (PT) di san Giovanni XXIII.
Il volume fa risaltare l’attualità dei contenuti della PT nonostante la distanza dalla data della sua promulgazione e i cambiamenti sociali intercorsi. Questa enciclica, che per Giorgio La Pira costituiva «il manifesto di un mondo nuovo» (p. 204), oggi va considerata come «un patrimonio culturale etico e morale, dal valore inestimabile, non rivolto solo alla missione pastorale, ma ad ogni persona per la costruzione di una società e un’umanità migliori» (p. 11). In definitiva, è un appello rivolto agli uomini di buona volontà affinché si prodighino per la costruzione della pace, per combattere qualsiasi paura dell’avvenire, tenendo presente che «ognuno di noi è una missione particolare di pace» (p. 189).
Partendo da questo presupposto, l’arcivescovo di San Giovanni Rotondo mons. Franco Moscone, ha rivolto un appello ai cattolici, esortandoli a schierarsi dalla parte della pace e ad affrontare il binomio guerra-pace posto da Tolstoj, uscendo da posizioni di neutralità strategico-ideologiche. Altrimenti, in assenza di impegno, dedizione e sacrificio nel definirne la realizzazione, la pace rischia di rimanere un mero discorso privo di consistenza.
Per creare i presupposti di una pace concreta, tangibile, duratura e fondata su un giusto ordine, è opportuno far convergere i vari settori del sapere umano. In sostanza, occorre porre in essere quel «poliedro della pace» evocato da papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, nel quale gli uomini di buona volontà possano far valere le proprie esperienze e competenze per coltivare il cambiamento e mirare alla realizzazione di un futuro pacifico e armonioso.
L’attualità dell’enciclica è stata fatta risaltare anche nell’intervento del vescovo emerito di Altamura, Giovanni Ricchiuti, che ha posto l’accento sulla sfrenata corsa agli armamenti, fonte di guadagno per coloro che potrebbero e dovrebbero favorire i negoziati. Egli ha sottolineato che la pace, stando alle parole di san Giovanni XXIII, si ottiene attraverso la fioritura di un ordine tra gli esseri umani fatto di diritti e doveri, il più importante dei quali è quello della solidarietà. È un anelito colto anche da papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti e che pone in relazione questi due pontefici per la loro capacità di sognare e di imprimere cambiamenti epocali, sia all’interno sia all’esterno delle strutture ecclesiali.
Il sogno di pace e l’impegno per la sua realizzazione profuso da questi due pontefici si ispirano alle parole che Dio ha detto tramite il profeta Gioele: «Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie, i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (Gl 3,1). Ma per costruire visioni di pace in un mondo in rapida trasformazione, occorre ancorarsi a princìpi in grado di conferire all’essere umano quelle virtù di benevolenza, fiducia e giustizia, capaci di placare le sue ansie e le sue paure dell’ignoto e di farlo vivere in armonia con Dio, con sé stesso, con gli altri uomini e con la natura. Occorre, dunque, rinnovare sé stessi per contribuire a rinnovare il mondo, procedendo sulla linea tracciata dalla Pacem in terris.