
Nel mondo della musica, da alcuni anni Speranza Scappucci si è affermata come uno dei più preparati e convincenti direttori di opere musicali. È stata invitata in diversi teatri tra i più prestigiosi, dal Metropolitan di New York alla Scala di Milano, e si è fatta conoscere anche in Cina e in Giappone. In Italia, una certa fama le è venuta anche dalla collaborazione in televisione per il programma divulgativo La gioia della musica, curato da Corrado Augias per Rai3. Si intuisce in lei una grande preparazione e sensibilità interpretativa, per cui è nato spontaneo il desiderio di un’intervista, alla quale la musicista romana ha aderito di buon grado.
Maestra Scappucci, ci vuole ricordare la sua formazione e la scelta di dirigere l’orchestra?
Sono nata a Roma il 9 aprile 1973. I miei genitori, Paolo e Piera, amano enormemente la musica, che ha fatto sempre parte della nostra vita. Avevo cinque anni quando mi mandarono, come un fatto naturale, a lezioni di musica da una maestra di pianoforte che abitava al piano terra della nostra palazzina. Tra i nove e i dieci anni, nel 1983, studiai per un anno il pianoforte alla scuola musicale Tommaso Ludovico da Victoria, per poi entrare al Conservatorio di Santa Cecilia, dove mi sono diplomata sia in pianoforte sia in musica da camera nel 1993.
Ho letto che si è perfezionata alla Juilliard School di New York.
In quello stesso 1993, decisi di fare l’audizione per quella prestigiosa scuola musicale: dovevano essere ammessi solo 20 candidati e i richiedenti erano 500! Immaginate la mia emozione quando fui ammessa: partii subito per gli Stati Uniti.
Di solito «ci si fa le ossa» in Italia per carriere che si apriranno poi anche a livello internazionale. Come mai puntò subito per l’estero?
La mia scelta di andare alla Juilliard fu dettata da un misto di attrazione per gli Stati Uniti, dovuta al fatto di aver frequentato la scuola americana a Roma, per imparare bene l’inglese, e il sogno di combinare il mio bilinguismo con un’esperienza a livello internazionale; e questo in una delle scuole più prestigiose del mondo. Il livello – me ne resi subito conto – era elevatissimo, e il primo anno di questa raffinata specializzazione fu molto duro. Competizione a mille! Però fu un’esperienza, dal punto di vista umano, molto bella, e alcuni dei miei più cari e veri amici di oggi, a distanza di 30 anni, sono quelli che ho incontrato
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