“L’ambiente piatto ed inespressivo, creato dall’utilitarismo della rivoluzione industriale, costituisce una forma di negazione, la quale oltre all’instaurare il regno della bruttezza, ha esercitato un’influenza di lunga portata sulla vita quotidiana e sulla mentalità del popolo”: così, con sintesi efficace, il critico americano John Hemming Fry, denunciava, nel 1939 (in La rivolta contro il Bello. Saggio sulla genesi dell’arte modernistica),  l’emergere, in campo artistico e sociale, di una sorta di “mediocrità indifferenziata”, in grado di condizionare l’esistenza di ciascuno e di tutti.

Il tempo trascorso dall’uscita dell’opera di Fry pare avere aggravato questa realtà, assumendo  i tratti di un’arte concettuale che ha via via soffocato il risultato estetico e percettivo dell’opera stessa, facendo prevalere i concetti e le idee (fino ad arrivare agli “orinatoi” di Duchamp). Di tutto ciò oggi si parla poco. Guai a parlare di “senso del bello”. Meglio giocare a distruggere i canoni classici dell’estetica, celebrando un’arte “trasgressiva”, che è arrivata  a mettere in scatola, anno 1961,  la “merda d’artista” di Piero Manzoni, recentemente celebrata, in modo ancora più esplicito, da Oliviero Toscani, con la mostra fotografica “Cacas”, dedicata agli escrementi, esposta a Milano, presso la Galleria Lampo all’Ex Scalo Ferroviario Farini , dal 21 febbraio al 24 marzo 2024.
Rispetto a questo quadro disarmante, il recente  numero di La Civiltà Cattolica (N. 4176, 15 giu/6 lug 2024) offre l’occasione per squarciare  il velo del conformismo dominante, con un articolo di Giovanni Cucci S.I. significativamente intitolato La bellezzavia all’assoluto, il quale aiuta a dare ordine e ad orientare nel complesso rapporto tra l’Uomo ed il bello. […]