Se non fosse che stiamo qui ora a parlare del Libano, quel che dico può apparire una notizia incredibile: dall’ottobre dello scorso anno questo Paese è alla ricerca del suo nuovo Presidente della Repubblica! L’elezione spetta naturalmente al suo Parlamento. Deve trattarsi – per la legge libanese – di un cristiano maronita.

Ma da sei mesi non si trova né un accordo né una maggioranza al riguardo. Così, un certo signore, un ex deputato che non si è mai candidato – Suleiman Frangieh – è stato proposto da Hezbollah, il noto partito khomeinista “antagonista” rispetto all’Occidente e ai suoi modi.

Il presidente che non si trova

Sul suo nome è rapidamente giunto il placet francese, il Paese che colonizzò il Libano all’inizio del secolo scorso. In questi giorni Frangieh, dopo aver preso atto che sul suo nome non vuol convergere nessuno, è volato proprio a Parigi. Siamo alla commedia degli inganni? Forse. Ma c’è pure dell’altro. […]

Ricordo che il Libano ospita tuttora – in fatiscenti campi profughi – centinaia di migliaia di palestinesi dal 1948 e un milione e mezzo di siriani dal 2011. È chiaro che l’incendio è dietro l’angolo, ogni giorno, ogni ora.

Se è difficile capire cosa voglia dire, in questo caso, con “incendio”, si tenga conto di quanto ha scritto in questi giorni su La Civiltà Cattolica padre Gabriel Khairallah: «Di recente, sono stati recuperati in mare più di 90 cadaveri di libanesi partiti clandestinamente su una barca di migranti dal nord del Paese. È il secondo disastro avvenuto in meno di sei mesi. Esso rivela la portata della disperazione vissuta in Libano da gran parte della popolazione, che preferisce correre enormi rischi, imbarcandosi clandestinamente, piuttosto che rimanere in un Paese incapace di garantire una vita dignitosa». Un’altra Tunisia? Sin qui, sembra di no. Sembra, ma per un solo motivo. […]

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