È un tempo buio e tempestoso quello che stiamo vivendo. Senza neanche più, a difenderci, un asso dell’aviazione della Prima guerra mondiale come Snoopy. Lo spericolato bracchetto che, a bordo della sua cuccia trasformata in biplano da caccia Sopwith Camel, indossati occhialoni, casco da pilota e sciarpa svolazzante, intrecciava epici duelli aerei con il triplano Fokker del malvagio barone (rosso) Manfred von Richthofen, l’unico che incarnasse negli anni sessanta della contestazione, della guerra in Vietnam, il “nemico” sul quale tutta l’America concordava.

Certo, capitava a volte che, duellando sui cieli di Francia, il pericoloso quanto invisibile avversario – costantemente maledetto a gran voce: “Un giorno ti avrò Barone Rosso” – gli sforacchiasse la cuccia, ops scusate: la carlinga, e Snoopy fosse costretto ad abbandonare il suo biplano atterrando, vergognosamente, sulla propria scodella, o talvolta si paracadutasse dietro le linee nemiche dove, immancabilmente, avrebbe incontrato affascinanti ragazze francesi da corteggiare, offrendo loro orzate o ciambelle.

Il fatto è che, dal 12 febbraio 2000, siamo rimasti orfani del papà di Snoopy, il cantastorie Charles M. Schulz (del quale il 26 novembre 2022 ricorre il centesimo anniversario dalla nascita), “rassicurante anomalia della modestia nell’epoca della vanità e del marketing”, ebbe a descriverlo Vittorio Zucconi; “geniale creatore delle avventure più miti, più dolci, più limpide dell’ultimo mezzo secolo”, scrisse di lui Fernanda Pivano. […]

Charles Schulz aveva avuto un’educazione luterana, ma, come ricordava lui stesso: «la domenica a mio padre piaceva andare a pesca, e così non andavamo mai in chiesa». Fin quando scoppia la guerra e Sparky parte per il fronte europeo, assegnato alla compagnia Bravo dell’Ottavo Battaglione di Fanteria Corazzata.

Tornato a casa con i gradi di sergente, sano e salvo, comincia a frequentare la “Chiesa di Dio”, una delle tante chiese protestanti americane, «semplicemente per un sentimento di gratitudine: per essere sopravvissuto alla guerra. Sentivo che Dio mi proteggeva, mi aiutava e mi dava la forza di sopravvivere. Ho sempre sentito che in quei tre anni di guerra qualcosa mi ha aiutato a vivere perché non mi hanno mai sparato né ferito». […]

Su Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti, Padre Giancarlo Pani, docente di storia del cristianesimo alla Sapienza, scriverà: «Quella di Schulz è un’evangelizzazione non priva di ironia e di umoristica caricatura propria delle varie tendenze degli stessi cristiani», a cui non manca neanche un’eresia, quella del Grande Cocomero (The Great Pumpkin, apparso la prima volta in una striscia del 26 ottobre 1959) che elargisce doni ai bambini credenti e buoni d’animo (sostituto delle speranze e delle delusioni incarnate dalla figura di Babbo Natale) che Linus, al posto del rituale “dolcetto o scherzetto”, attende invano, in un campo di zucche, ogni notte di Halloween. Una lettrice scrisse a Schulz che il Grande Cocomero era sacrilego. Lui le rispose che il vero sacrilego era Babbo Natale: ecco perché lo raffigurava come un Grande Cocomero. […]

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