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ABSTRACT — Come è possibile che un Paese con la ricchezza petrolifera del Venezuela, luogo privilegiato nella geografia continentale americana — anche considerando lo sviluppo raggiunto nella seconda metà del XX secolo —, oggi sia divenuto una società che chiede aiuti umanitari, medicine e alimenti? Viene in mente il mito di re Mida. Un uomo che trasformava in oro tutto ciò che toccava, eppure finiva per diventare un essere miserabile, che non era nemmeno in grado di sfamarsi.
Come si è arrivati a tanto? La situazione attuale del Paese appare il frutto proprio del suo sistema economico e politico interamente dipendente dall’estrazione del petrolio e dalla ripartizione della sua «rendita». Con i fondi ottenuti il Venezuela acquista tutti i beni e i servizi necessari per la sua sussistenza: un fatto difficile da spiegare, se si pensa che il Paese ha una grande estensione di terre coltivabili o adatte al pascolo. La storia repubblicana del Venezuela si può dividere dunque in due grandi capitoli: prima e dopo il petrolio. A partire dagli anni Venti del secolo scorso il petrolio ha determinato il modello economico del Paese, da cui poi sono derivati anche i modelli politici.
Imponendosi come l’unica fonte economica del Paese, la rendita petrolifera ha messo via via lo Stato venezuelano nella condizione di essere l’unico arbitro della società. E così quando la rendita è alta, lo è anche la popolarità del governo; quando invece la rendita è bassa, è bassa anche la popolarità del governo di turno. Nemmeno la cosiddetta «rivoluzione» bolivariana ha davvero superato questo modello, che ha fatto ammalare gravemente la vita democratica e sociale del Paese.
La vera via d’uscita, per il Venezuela, è molto di più che giungere ad accordi tra i vertici politici per risolvere le proprie divergenze sul controllo del potere. Si tratta piuttosto di stabilire un nuovo patto sociale su cui porre le basi per un nuovo modello di sviluppo che vada oltre l’extractivismo — l’economia basata sulla sola estrazione delle risorse del sottosuolo —, per trovare un sistema che promuova la crescita dei cittadini, del loro lavoro e dei loro investimenti. Significa anche ricostituire un quadro istituzionale oggettivo e trasparente per l’uso della rendita pubblica, e per il riconoscimento del diritto della popolazione a organizzarsi liberamente senza il controllo di gruppi politici che ne colonizzino gli sforzi. Significa anche rafforzare il tessuto sociale e le attività di servizio comunitario.
Un processo di cambiamento che anche la Santa Sede si è impegnata ad accompagnare.