|
ABSTRACT — Approfondire il fenomeno dell’immigrazione significa spingere l’analisi oltre la cronaca, perché di fronte agli esodi dei popoli cambiano non solamente le abitudini quotidiane, ma anche la storia e le culture. E in questi ultimi anni i popoli si stanno muovendo.
Tra quest’anno e il prossimo, infatti, potrebbe arrivare un milione e mezzo di migranti sulle onde del Mediterraneo o attraverso i sentieri dei Balcani. Così, mentre i media bipolarizzano l’argomento, contrapponendo i sostenitori e i contrari all’accoglienza, gli studiosi di geopolitica ci pongono di fronte a due dati ormai indiscutibili: da una parte, la fuga di chi cerca scampo da guerre e miseria; dall’altra, la crisi demografica di un’Europa sterile di figli, che è circondata da popolazioni giovani e da Paesi in fermento. Come gestire questi flussi per una convivenza pacifica?
Per comprendere il fenomeno e i cambiamenti apportati dall’immigrazione in Italia bisogna anche contestualizzare i dati disponibili rispetto a un livello globale. Quasi 250 milioni di persone — più del 3% della popolazione mondiale — hanno lasciato il proprio Paese per vivere in un’altra nazione. L’Italia, con i suoi 8.000 km di costa, è diventata il lembo della «Terra promessa» per approdare in Europa: nel 2014 sono arrivati 170.000 migranti, 153.842 nel 2015, con un dato particolarmente drammatico che riguarda il numero di minori non accompagnati. In buona sostanza, quello in atto è il movimento di profughi più importante del dopoguerra.
Nella gestione dei flussi migratori il Governo italiano è stato lasciato solo dall’Unione europea. E davanti a questo riecheggiano gli interrogativi posti da papa Francesco nell’intervento da lui fatto il 6 maggio 2016, dopo aver ritirato il Premio internazionale Carlo Magno: «Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà?».
Il tema dell’immigrazione pone al centro della riflessione politica numerosi fattori: la concezione di Stato moderno, una nuova idea di società, l’interdipendenza tra il Nord e il Sud del mondo e, soprattutto, il significato del fenomeno della migrazione: dimensione, quest’ultima, che la cultura italiana custodisce nella sua memoria. La politica è chiamata a costruire ponti e non a erigere muri o a strumentalizzare il tema dell’immigrazione, soprattutto in vista delle elezioni interne agli Stati membri e a quelle europee.