Su L’Espresso del 1° febbraio scorso è stato pubblicato un articolo che riportava le trascrizioni di fittizie confessioni raccolte nelle chiese di cinque città, tentando di interrogare i confessori su argomenti «scottanti»: eutanasia, preservativo, ricerca sulle cellule staminali, omosessualità, droga, prostituzione, truffe, sesso con minori e così via. Ovviamente è legittimo cercare di conoscere il pensiero dei confessori su tali argomenti, ma il modo scelto è scorretto dal punto di vista professionale e, per i credenti, costituisce una manipolazione e un sacrilegio nei confronti del sacramento della penitenza, che la Chiesa condanna con la scomunica. Lo stesso risultato poteva essere ottenuto, ad esempio, frequentando un corso di preparazione al matrimonio. Ma in Italia oggi soltanto i cattolici possono essere impunemente offesi?
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