Il tempo di Pasqua ha fornito a Benedetto XVI l’occasione per approfondire il mistero della risurrezione di Gesù, che è il fondamento
della fede cristiana e sul quale bisogna tornare continuamente, anche per ovviare alla tendenza, oggi frequente, di vedere
nel cristianesimo un codice — ormai sorpassato — di precetti morali, riguardanti la famiglia, i comportamenti sessuali, le pratiche
d’ingegneria genetica, per cui i problemi essenziali sarebbero, da un lato, quelli riguardanti il divorzio, le coppie di fatto, il matrimonio
tra persone omosessuali e, dall’altro, quelli riguardanti la vita, come l’aborto, il suicidio assistito, l’eutanasia, e via dicendo.
Invece il cristianesimo, prima di essere un codice di norme morali, è una fede. Le norme morali sono certamente essenziali al
cristianesimo, ma sono tali in quanto traduzioni della fede nella concretezza della vita. Esse cioè traggono il loro senso e la loro
consistenza dalla fede. È perciò alla luce della fede che vanno comprese ed è in forza della fede che esse si impongono alla coscienza
cristiana. Indubbiamente, per il fatto di essere «ragionevoli», cioè conformi alla ragione, le normi morali cristiane possono
essere accettate e praticate anche da chi non è cristiano, ma intende restare nell’alveo della coscienza illuminata e diretta dalla
ragione. Tuttavia, si deve riconoscere che la fede aiuta e stimola la ragione umana a penetrare più profondamente in quel profondo
mistero che è la coscienza dell’uomo.
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RIDARE ALLA PASQUA IL SUO VERO SIGNIFICATO
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