
Il rapporto tra poesia e preghiera è stato investigato in molti modi attraverso raccolte, riflessioni, indagini. La preghiera è «essere abitualmente alla presenza di Dio», «elevazione dell’anima a Dio», «relazione viva e personale con il Dio vivo» [1]. È dunque da evitare ogni schematismo rigido: la preghiera non è sempre linguisticamente articolata come lo è invece la poesia. Infatti può essere esercizio della parola silenziosa, non pronunciata ma avvertita e vissuta. C’è un’interazione profonda, inspiegabile alla mente umana, tra la disposizione interiore e la parola, senza alcun automatismo tra l’una e l’altra; una preghiera interiore, in cui la parola può anche rimanere inespressa, può fermarsi sulla soglia delle labbra, o nel silenzio del cuore [2]. Bisogna comunque chiarire che «la preghiera non si riduce allo spontaneo manifestarsi di un impulso interiore» [3], ma è un intenzionale rivolgersi a un Tu «al quale parliamo» [4], che «prende corpo mediante parole, mentali o vocali» [5]. Più volte, ad esempio, nei suoi Esercizi Spirituali, sant’Ignazio di Loyola parla di una preghiera che si fa propiamente hablando, cioè parlando come in un colloquio [6].
Nelle pagine che seguono il nostro obiettivo è illustrare quando e come la poesia, nell’esperienza di grandi autori, sia giunta a toccare la soglia della preghiera in quanto atto linguistico inteso come «relazione viva e personale con il Dio vivo». In tal senso dobbiamo distinguere la meditazione religiosa, che è più ampia e generale [7], dal linguaggio orante, che richiede l’apertura a un «Tu» mediante l’articolazione linguistica di una invocazione. Il nostro percorso si propone di essere fenomenologico e legato ai testi, organizzando un breve percorso di letture, che si potrebbe estendere e ampliare in maniera indefinita. Tralasciamo dunque di illustrare il dibattito teorico sul rapporto tra poesia e religione, che abbiamo già affrontato altrove più estesamente [8]. Il punto di partenza sarà l’esperienza poetica che nasce al di là di ogni contesto cultuale.
Tuttavia sappiamo bene come la liturgia sia stata spesso accompagnata o seguita dalla poesia, che ad essa si ispira, fino, in qualche caso, a costruire una sorta di «liturgia poetica» [9]. Sia sufficiente qui ricordare, ad esempio, i Salmi penitenziali del Petrarca e gli Inni sacri del Manzoni. Citiamo anche due testi, a loro modo esemplari, del Novecento: La messe là-bas di Paul Claudel, Horae canonicae di W. H. Auden
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