La letteratura storica su Hamas fa coincidere lo scoppio della prima Intifada (8 dicembre 1987) con la fondazione, da parte dello sceicco Ahmad Yassin, del movimento islamista, che fino ad allora aveva rappresentato la branca palestinese, sebbene con una fisionomia ideologico-politica ben precisa, del variegato mondo dei Fratelli Musulmani[1]. L’implicazione propagandistica di tale coincidenza, in realtà un poco forzata anche in sede di ricostruzione storica, consisteva nel far coincidere la sollevazione popolare anti-israeliana con la decisione della fratellanza di passare alla lotta armata di liberazione. Di fatto, la riunione che diede origine ad Hamas si svolse il giorno successivo alla sollevazione, mentre il relativo «comunicato fondativo» fu distribuito l’11 dicembre a Gaza e tre giorni dopo in Cisgiordania[2]. In realtà lo scoppio dell’Intifada del 1987 colse di sorpresa le organizzazioni politiche presenti sul territorio, compresa l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) e, insieme, sia quelle laiche o di sinistra, sia quelle islamiste si impegnarono con tutte le loro forze nella lotta, cavalcando la protesta popolare, anche nella speranza di guadagnare il sostegno della maggioranza dei palestinesi.
La prima Intifada non fu una ribellione armata: si sviluppò dal «basso», quasi spontaneamente, e fu preceduta da scioperi, serrate e da proteste violente, anche se non militarizzate, contro le forze israeliane di occupazione. Le armi di questa prima sollevazione furono, da parte palestinese, esclusivamente sassi, abbondanti nella regione, e bottiglie motolov. Per questo motivo essa fu chiamata dalla stampa internazionale filopalestinese «rivolta delle pietre». La prima Intifada durò a fasi alterne fino al 1993, cioè fino agli accordi di Oslo tra l’Olp e Israele, che diedero vita per la prima volta a una forma di autogoverno palestinese a Gaza e in Cisgiordania. Il casus belli fu offerto dalla morte di un colono israeliano ucciso in un attentato del Jihad islamico e dalla successiva sanguinosa reazione israeliana dell’8 dicembre (4 morti e 9 feriti). Le cause della prima Intifada furono molteplici, anche se variamente concatenate tra loro: escalation di violenza da parte degli occupanti, rabbia crescente dei palestinesi per le umiliazioni subite, scontento popolare nei confronti della strategia diplomatica dell’Olp di Arafat e altro. Secondo alcuni analisti, fino a questo momento la strategia seguita dal partito di Arafat — che aveva assunto la leadership politica e morale del movimento di liberazione — consisteva in una sorta di scambio tacito con l’occupante «assenza di attivismo politico contro lavoro»[3]. Infatti
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