a cura di V. FANTUZZI
Non pensarci (Italia, 2007). Regista: GIANNI ZANASI. Interpreti principali: V. Mastandrea, A. Caprioli, G. Battiston, C. Murino.
Stefano Nardini (Valerio Mastandrea) suona fin da quando aveva cinque anni e, passo dopo passo, dal conservatorio è finito col diventare una piccola star del punk rock indipendente. Il tempo delle sue foto in copertina sui rotocalchi è passato e adesso, a trentasei anni, si guarda attorno: suona con dei ventenni invasati, a casa non ha più né una donna che lo aspetta, né un letto dove dormire. Gli è rimasta soltanto una chitarra e una vecchia automobile con le portiere che non si aprono… Insomma, è giunto anche per lui il momento di cercare un riparo per fermarsi e riflettere. Per questo percorre a ritroso la strada che tanti anni prima lo aveva portato dalla provincia alla capitale.
Stefano torna in famiglia, cioè a Rimini, dove i suoi lo accolgono con ostentata giovialità. Nel frattempo però tante cose sono accadute. Se lui non è più quello di prima, anche familiari e amici hanno cambiato aspetto. I problemi irrisolti si sono accumulati, e la casa paterna non è più quell’oasi di serenità che Stefano immaginava di trovare. Il padre (Teco Celio), reduce da un infarto, si isola dalla realtà giocando a golf. La madre (Gisella Burinato) segue seminari di «tecniche sciamaniche». Michela (Anita Caprioli), la giovane sorella, ha interrotto gli studi universitari per dedicarsi alla cura dei delfini in un parco acquatico. Il fratello Alberto (Giuseppe Battiston) che ha assunto su di sé la responsabilità dell’azienda di famiglia, una fabbrica di ciliege sotto spirito, è stressato dal lavoro eccessivo e dal cattivo andamento degli affari.
Preso in contropiede da una serie di rivelazioni e scoperte (che solo in parte si riveleranno veritiere) Stefano è costretto a occuparsi suo malgrado e a modo suo dei problemi di tutti. Da principio, sembra che il suo ruolo consista nel lanciare sassi nelle acque stagnanti di un tran-tran familiare apparentemente tranquillo. Si diverte a scombussolare il parentado guidando come un pazzo con i nipotini, figli di Alberto, in automobile. Getta nello sconforto i genitori rivelando che Michela è lesbica. Nel frattempo Alberto, che attraversa una crisi familiare, si incapriccia della bella Nadine (Caterina Murino), una ragazza dal fascino misterioso.
Il film è percorso da un doppio movimento. Da una parte Stefano pensa di poter scaricare la propria insoddisfazione esistenziale sui familiari mettendoli a disagio con il suo comportamento anticonformista. Dal-l’altra i familiari, il cui stato di quiete è tuttaltro che solido, approfittano delle scosse che la presenza di Stefano imprime ad essi per riversare su di lui il disagio reale che si nasconde sotto la loro calma apparente. Il provocatore Stefano finisce così con il diventare oggetto di un travolgente e non del tutto gradito afflusso di confidenze.
Passando di rivelazione in rivelazione, Stefano scopre che Michela non è omosessuale, ma è segretamente legata a un uomo politico di scarso spessore; scopre altresì che Nadine, la donna affascinante che ronza attorno a suo fratello, è una prostituta; resta esterrefatto quando la madre, scossa da una crisi che l’ha colta durante una seduta guidata dal suo santone di fiducia, gli dice che lui non è figlio di colui che crede essere suo padre, ma frutto di una relazione extraconiugale, alla quale si era lasciata andare in tempi ormai lontani. Mentre prosegue il gioco delle provocazioni e delle controprovocazioni, la fabbrica, con-dizionata dal rapporto con bancari di non limpida condotta, sta per andare in fallimento. Toccherà allo sconclusionato Stefano operare un salvataggio in extremis ottenendo da un sindacalista suo amico un rinvio della protesta degli operai, rimasti senza paga, che consente al padre di ottenere un finanziamento da parte di un anziano, come lui giocatore di golf, che non sa come investire il proprio denaro.
C’è chi rimpiange i tempi andati quando un’opportuna ragnatela di bugie serviva a tenere unite le famiglie, mai percorse dalla tentazione di alzare il sipario su ormai remote trasgressioni. Mescolando realtà e fantasia, stemperando le tinte fosche del dramma con i colori leggeri dell’ironia, Zanasi opta per la verità. Stefano, il rockettaro punk che in una riunione di gente sussiegosa (la grassa borghesia di provincia) è costretto a mettere le mani sul pianoforte per ritrovare le note di un notturno di Chopin, è un diverso, un alieno, l’elemento che viene dal di fuori per scompigliare l’ordine di un mondo che non è suo, basato più sulle convenzioni che sui valori reali. Allo stesso tempo è uno sradicato che, attraverso i contraccolpi che riceve, riesce a entrare in contatto con se stesso e a trovare il coraggio per tornare a tuffarsi nel suo mondo. L’ultima spinta gliela dà il padre, al quale non può che dire due volte: «Grazie!».