Qualunque sia la qualifica attribuita alla crisi — crisi petrolifera negli anni Settanta, crisi del debito pubblico negli anni Ottanta,
crisi del debito privato negli anni Novanta, crisi del credito oggi —, essa porta con sé sempre effetti negativi collaterali,
fuori dei luoghi che l’hanno vista nascere. Nell’estate 2007 i banchieri evocavano i «subprimes americani», convinti che si trattasse
soltanto di un problema locale 1. Gli avvenimenti recenti hanno mostrato che, dai mancati pagamenti per fallimenti bancari, il
male si è esteso fino ai Paesi con l’economia più sana. Le banche, danneggiate dai debitori insolventi, hanno rallentato i loro prestiti,
frenando consumi e investimenti. I maggiori produttori mondiali di auto e di acciaio hanno selvaggiamente ridotto la loro produzione.
Il numero delle transazioni immobiliari è crollato in molti Paesi. La disoccupazione è cresciuta brutalmente: secondo
le stime del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), si contano 20 milioni di disoccupati in più in tutto il mondo per i soli mesi dell’autunno
2008. La stessa Cina, temendo un eccessivo rallentamento della propria attività economica, ha avviato da novembre un piano di rilancio.
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CRISI FINANZIARIA E SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE
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