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Cultura e società

A SIMPLE LIFE

Virgilio Fantuzzi

5 Maggio 2012

Quaderno 3885

FILM

a cura di V. FANTUZZI

 
A Simple Life (Hong Kong, 2012). Regista: ANN HUI. Interpreti principali: A. Lau, D. Ip, Q. Hailu, W. Fuli, P. Chiang, L. Tin, W. Yu, E. Lam, E. Kong, J. Chan, H. S. Ying.
 
Un film senza una vera storia. Così qualche critico definisce A Simple Life della regista Ann Hui, cinese domiciliata a Hong Kong. Una situazione ferma, la pura descrizione dell’implacabile, lenta e naturale fine di una donna che per sessant’anni è stata a servizio presso una famiglia della media borghesia in un popoloso quartiere di Hong Kong. La casa di riposo per anziani a cui fatalmente è destinata raccoglie persone giunte come lei al traguardo della vita. Eppure, dietro questo film «senza storia», una storia c’è, ed è una storia vera, che il produttore Roger Lee ha voluto trasformare in film, collaborando anche alla stesura della sceneggiatura insieme a Susan Chan, per rendere omaggio a Chung Chun-tao, la ragazza, detta Tao, che a 13 anni è entrata in casa sua come amah, cioè serva, e per sessant’anni ha servito con dedizione quattro generazioni della sua famiglia.
In Cina l’amah è una collaboratrice domestica, che sbriga le faccende di casa e si occupa dei bambini. Di solito viene assunta da ragazzina. Ha più o meno la stessa età dei bambini di casa e cresce con loro. Si impegna a non sposarsi e a rimanere con la famiglia fino all’ultimo giorno della sua vita. In virtù di questa lunga permanenza, le amah sono spesso trattate come parte effettiva della famiglia. Vestite con camicia bianca e pantaloni neri, pettinate con trecce, le amah erano un riconoscibile punto di riferimento nella Hong Kong del dopoguerra. Alla fine degli anni Settanta, l’importazione di colf filippine o indonesiane divenne un’alternativa economicamente più vantaggiosa rispetto alle amah. Il passaggio di Hong Kong alla Cina segna il declino di questa figura. Tuttavia, le vecchie amah, che avevano lavorato per decenni con le loro famiglie, sono rimaste al loro posto fino alla morte.
Roger pensa a Tao come presso di noi si potrebbe pensare a una zia nubile che lo ha visto nascere e lo ha aiutato a crescere. Ne parla sovente evocando ricordi affettuosi con gli amici e i compagni di lavoro. «La parola gratitudine — dice — da sola non può minimamente definire quello che provo per lei». La regista Hui, sentendo questi racconti, ha pensato che avrebbe potuto ricavarne un film, perché, come lei dice: «Ognuno di noi ha avuto una persona così nella sua vita». All’inizio del film si vede Tao (la bravissima Deanie Ip, coppa Volpi a Venezia come migliore attrice, nel 2011) occuparsi con la consueta accuratezza di Roger (Andy Lau), unico membro della famiglia rimasto a Hong Kong per lavorare nel cinema, mentre gli altri sono tutti emigrati in America.
Un giorno Roger torna a casa e scopre che Tao è stata colpita da un infarto. La porta subito all’ospedale, dove lei dice di voler lasciare il lavoro per ritirarsi in un ricovero per anziani. Dopo accurate ricerche, Roger trova il luogo adatto. Tao vi si trasferisce e comincia a familiarizzare con la direttrice, donna vivace e gentile, e l’eterogeneo gruppo degli anziani residenti: l’elegante zio Kin, la gelosa zia Kam e tutta una gamma variegata di presenze. Roger dedica a Tao tutto il tempo che gli rimane libero dal lavoro. Si comporta con lei in maniera non meno affettuosa di quanto potrebbe fare il più tenero dei figli. Si sdebita così, almeno in parte, di tutte le attenzioni che lei ha avuto per lui fin da quando era bambino. Scopre sempre di più l’importanza che lei ha avuto nella sua vita.
Attraversato da una vena di poesia semplice e sincera, il film costituisce un’occasione per meditare sulla vecchiaia e sulla morte. C’è molta tradizione orientale in queste immagini. I gesti e i modi dei personaggi (anche quelli dei vecchietti un po’ svaniti) hanno qualcosa di rituale, di arcaico: un’integrità non ancora contaminata dal consumismo e dall’anonimato della società di massa. Ogni figura è dotata di caratteristiche proprie, immuni da condizionamenti che provengono dall’ambiente esterno. Ciascuno riesce a trovare l’espressione appropriata in ogni circostanza. Raro esempio di umanità non ostentata, ma appunto per questo ammirevole nella sua autenticità.

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A SIMPLE LIFE

Virgilio Fantuzzi

Già scrittore de "La Civiltà Cattolica" (1937 - 2019).


5 Maggio 2012

Quaderno 3885

  • pag. 317
  • Anno 2012
  • Volume II

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Cinema

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