
Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (Lc 12,32-40).
Gesù si rivolge affettuosamente ai discepoli, chiamandoli «piccolo gregge» ed esortandoli a non temere: lui è con loro. In greco «piccolo» è un vezzeggiativo, tanto che il latino rende pusillus (= piccino) grex. Se il tema richiama il pastore che si prende cura delle pecore, i discepoli rimangono sempre «un piccolo gregge», senza alcuna pretesa di grandezza, perché il pastore si è fatto più piccolo di tutti (cfr Lc 9,48: «il più piccolo tra tutti voi è grande»). A loro il Padre ha dato il Regno, cioè il dono di diventare ciò che sono realmente: suoi figli e fratelli fra loro.
Di qui quell’esortazione che può apparire fuor di luogo: «Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina». I discepoli vivono nel mondo dove ci sono ricchi e poveri, dove c’è benessere e denaro, ma anche miseria e infelicità. Gesù non propone di abolire il denaro o la ricchezza, ma di condividere i beni. Il «dare in elemosina», nell’evangelista Luca, è nella prospettiva dell’Antico Testamento, dove in ebraico «elemosina» si dice «giustizia», sedaqah. Il dono al povero dovrebbe ristabilire quella giustizia che i rapporti umani hanno deteriorato, in modo da vivere con fraternità in un mondo dove prevalgono il prepotente e il furbetto. Per il popolo ebraico, il principio fondamentale della convivenza è la terra: la Terra è di Dio, e di Dio sono anche i frutti che ne nascono e che perciò vanno divisi tra fratelli.
Segue l’invito a «farsi un tesoro “sicuro” nei cieli»: dove i ladri non arrivano e i tarli non consumano. Perché la vera ricchezza non è ciò che possiedi, ma ciò che doni: e ciò che doni al povero è un prestito fatto a Dio (Pr 19,17); egli te lo ridarà centuplicato nell’ultimo giorno. Dov’è il tuo tesoro, lì è anche il tuo cuore. Se il tesoro del cristiano è il denaro, la potenza, la gloria, egli vive per degli idoli che lo coinvolgono e lo tengono schiavo; se invece si fa servitore dei fratelli, la sua storia diventa una speranza di liberazione per tutti. È la responsabilità del cristiano.
Siate dunque pronti: come gli ebrei che attendevano in Egitto la notte della liberazione (è il tema della Prima lettura da Sap 18); come il servo che attende l’arrivo del padrone. La vigilanza e la perseveranza faranno l’impossibile: il padrone che, al ritorno, trova il servo ad attenderlo, si cingerà il grembiule e addirittura si metterà a servirlo a tavola. Occorre essere sempre preparati, poiché non sappiamo quando il Figlio dell’uomo verrà…
La seconda lettura, da Eb 11, presenta uno scorcio della storia della salvezza da Abramo in poi, sul tema della fede. La chiamata di Dio sconvolge la vita di persone e famiglie, e ne fa dei pellegrini e stranieri (11,13), senza patria e senza casa, in cammino verso l’infinito: la città celeste, dove c’è il Signore che viene loro incontro. Per fede i personaggi elencati sono protagonisti di una ricerca spirituale e di una speranza che tutti avvertiamo in qualche modo, ma che essi hanno testimoniato con la loro vita. Il Vangelo lo ribadisce con un richiamo alla responsabilità del cristiano: «A chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più!» (Lc 12,48).
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Leone XIV: «Preghiamo per la pace e lasciamo che i bisogni e le sofferenze del prossimo ci spezzino il cuore».