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Il Vangelo della Domenica

La messe è molta, ma sono pochi gli operai!

Giancarlo Pani

3 Luglio 2025

Maestà del Duomo di Siena, Duccio di Buoninsegna.

Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”» (Lc 10,1-11).

Dopo aver formulato le esigenze della sequela, Gesù designa 72 discepoli da inviare in missione. «72» sta a indicare il numero di tutte le nazioni della terra secondo la Genesi (cfr cap. 10, nel greco), e quindi il mondo intero. Perciò i discepoli sono pochi rispetto alla «messe che è molta!». Di qui l’invito a pregare il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe. La preghiera – dietro l’esempio di Gesù (cfr Lc 6,12) – è il primo mezzo per annunciare il Vangelo ed anche lo strumento apostolico più efficace: «Venga il tuo regno» (Lc 11,2).

 Le modalità della missione sembrano preoccupanti: «Vi mando come agnelli in mezzo a lupi…». I discepoli sono inviati in un mondo che è ostile; perciò deve essere affrontato con verità e con rigore. Poiché nel mondo contano la ricchezza e la potenza, i discepoli devono essere poveri: non portano alcuna borsa per il denaro, che è la sicurezza del ricco, e nemmeno la bisaccia, che raccoglie le poche cose che fanno la sicurezza del povero. Paradossalmente l’unico tesoro del discepolo è «lasciare tutto» per confidare nella Parola del Signore: è la ricchezza che nessuno può rubare (cfr Lc 12,33). Ciò che uno ha, lo separa dall’altro; ciò che uno dona, lo unisce all’altro; chi ha cose, dona cose, chi non ha nulla, dona se stesso: e donare se stessi è il vero segno di chi ama e di chi vive per l’altro. La povertà allora è il segno dell’autenticità del discepolo e della Chiesa: è l’esempio del Signore Gesù, che «da ricco che era si è fatto povero, perché noi diventassimo ricchi della sua povertà» (2 Cor 8,9).

Non meraviglia l’invito a non salutare nessuno per strada, poiché vuole indicare l’impegno a dedicarsi tutto alla missione, senza perdere tempo in altro: è segno della sua urgenza.

Infine, viene indicato il frutto della missione. Quando entrate in una casa dite: «Pace a questa casa». «La pace» è il segno della benedizione divina, è la pienezza di vita, è il dono dello Spirito, è il segno di Dio. Inoltre, ogni casa che accoglie la Parola evangelica diventa, a sua volta, presenza divina e benedizione per i fratelli.

«Guarite i malati che vi si trovano»: qui il testo greco è più sobrio, ma forse più acuto. Alla lettera dice «prendetevi cura dei malati». Anche questo è un segno del regno di Dio che viene. È l’importanza di essere vicini a coloro che soffrono e hanno bisogno di aiuto, di una parola di consolazione, di attenzione e di affetto.

La missione comporta anche il fallimento e il rifiuto, allora occorre «scuotere la polvere dai piedi». Il Signore invita a trasformare l’insuccesso in un nuovo inizio, quasi a indicare che uno non porta con sé quel rifiuto. Per lui nessun rifiuto è tale da impedire di amare il fratello.

La prima lettura ci ricorda la tenerezza del Signore che dona la vera pace (Is 66). La seconda lettura afferma il vanto dell’apostolo: è la croce di Cristo, «per mezzo della quale il mondo per me è stato crocefisso, come io per il mondo» (Gal 6,14). Dalla croce, la nuova creazione che porta la pace.

* * *

Leone XIV: «Continuiamo a pregare perché dovunque tacciano le armi e si lavori per la pace attraverso il dialogo».

La messe è molta, ma sono pochi gli operai!

Giancarlo Pani

Scrittore emerito de La Civiltà Cattolica.

3 Luglio 2025


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