[…] Oggi questo divario tra parole e prassi, tra documenti ed effettive conversioni pastorali, si ripete con il tema della sinodalità, tema oggetto di studi, riflessioni, commenti, il più delle volte ripetitivi e svincolati da decisioni e da eventi che possano tradurla.
Mi chiedo ancora una volta se, come Chiesa, non stiamo annaspando nelle acque della crisi o se, equivocandomi nella lettura, dimentico che − nei confronti di Gesù e del suo Regno − ogni generazione, facendo tesoro del passato, deve comunque ricominciare il cammino di ricerca del senso e della verità.
Papa Francesco affronta esplicitamente questa crisi e quando gli è chiesto se vede segni di rinnovamento spirituale, di vita nuova, fresca nella Chiesa risponde:
«È molto difficile vedere un rinnovamento spirituale usando schemi molto antiquati. Bisogna rinnovare il nostro modo di vedere la realtà, di valutarla. Nella Chiesa europea vedo più rinnovamento nelle cose spontanee che stanno nascendo: movimenti, gruppi, nuovi vescovi che ricordano che c’è un Concilio alle loro spalle. Perché il Concilio che alcuni pastori ricordano meglio è quello di Trento. E non è un’assurdità quella che sto dicendo. Il restaurazionismo è arrivato a imbavagliare il Concilio. Il numero di gruppi di restauratori – ad esempio, negli Stati Uniti ce ne sono tanti – è impressionante. Un vescovo argentino mi raccontava che gli era stato chiesto di amministrare una diocesi che era caduta nelle mani di questi restauratori. Non avevano mai accettato il Concilio. Ci sono idee, comportamenti che nascono da un restaurazionismo che in fondo non ha accettato il Concilio. Il problema è proprio questo: che in alcuni contesti il Concilio non è stato ancora accettato. È anche vero che ci vuole un secolo perché un Concilio si radichi. Abbiamo ancora quarant’anni per farlo attecchire, dunque!»[…]