Una vocazione nata nel sangue e nell’odio, la storia del padre gesuita Marcel Uwineza comincia dall‘eccidio della sua famiglia quando lui aveva solo 14 anni. Era il 1994 e in Ruanda furono ammazzate circa 1 milione di persone di etnia Tutsi in appena 3 mesi. Si usa l’espressione ‘guerra civile’, ma rende solo in modo vago ciò che tanti, come Marcel, ebbero sotto i loro occhi: familiari che si uccidevano a vicenda, vicini di casa che si trasformavano in carnefici. Un popolo che ha ucciso se stesso, una guerra ‘intima’ la definisce padre Marcel […]

[…] Serve fare memoria se ciò che abbiamo alle spalle è solo una caterva di male subito ed errori di cui siamo colpevoli? Se il perdono è il pilastro del nostro orizzonte anche la memoria diventa un’alleata del nostro cammino presente. Questo è il tema su cui padre Marcel lavora e continuerà a offrirci una voce preziosa: “La memoria ci aiuta a tenere presente il fatto che tutti cadiamo e abbiamo bisogno di perdono. In quinto luogo, rifiutare i ricordi di ciò che abbiamo fatto o di ciò che altri hanno fatto a noi equivale in pratica a rifiutare la nostra vera identità. Infine, la memoria della sofferenza conduce alla solidarietà”.

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