Il 7 novembre l’arcivescovo maggiore Svjatoslav Ševčuk, capo della Chiesa greco-cattolica d’Ucraina, ha donato a papa Francesco un frammento di mina russa, che ha distrutto la facciata della chiesa di Irpin. Per ricordare – in un mondo che vive di segni come quello vaticano – la barbarie del nemico e l’ostilità totale che gli è dovuta. Celebrando messa nella chiesa degli ucraini a Roma, Ševčuk ha esclamato che «Gesù Cristo viene ucciso, fucilato, torturato, giustiziato… nel corpo dei nostri soldati e civili nei territori occupati e durante la prigionia russa».
Il giorno prima di ritorno dal Bahrein, citando la «martoriata Ucraina», Francesco aveva raccontato ai giornalisti di essere colpito dalla crudeltà dei mercenari russi, «che non è del popolo russo… perché ho un’alta stima del popolo russo, dell’umanesimo russo. Basta pensare a Dostoevskij che ancora oggi ispira i cristiani a pensare il cristianesimo. Ho un grande affetto per il popolo russo. E ho un grande affetto anche per il popolo ucraino». A undici anni, ha confidato il papa, aveva fatto da chierichetto a Buenos Aires a un prete ucraino nella sua lingua. […]

Lo sbocco allora non può essere affidato soltanto al dialogo tra Kiev e Mosca e nemmeno a una futura ritrovata intesa tra Mosca e Washington, certamente necessaria per chiudere la crisi ucraina. Se questa è davvero una guerra mondiale (specialmente per i suoi riflessi sempre più pesanti in termini di crisi energetica, economica, alimentare e in prospettiva migratoria) lo sbocco – nella visione di Bergoglio – deve passare attraverso lo stabilimento di regole condivise e una nuova governance a livello globale: qualcosa come il patto di Helsinki del 1975 che stabilizzò la situazione internazionale e preparò l’uscita dalla guerra fredda. Piaccia o meno, è una visione strategica con una sua coerenza. Ne fa parte anche la convinzione, condivisa con Henry Kissinger e Angela Merkel, che la Russia debba rimanere ancorata all’Europa e non essere gettata nelle braccia della Cina. Già in aprile la rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica, le cui bozze vanno in visione alla Segreteria di Stato vaticana, sostiene che non è augurabile la «prospettiva di una Russia indebolita e umiliata, considerata uno Stato paria… in preda a impulsi revanscisti», come la Germania dopo la prima guerra mondiale. […]

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