Un’amica mi telefona e mi dice di aver cancellato le notifiche di un amico comune da Facebook per non farsi il sangue amaro, e di essere anche intimamente arrabbiata con un secondo amico comune: la ragione è essa pure comune a entrambi i casi, ed è il Covid-19, ovvero le appassionate fazioni che la pandemia e la sua gestione politica hanno prodotto nella comunità. «Temo che tutto questo possa portare a un logorio dei rapporti e a un raffreddamento degli affetti», le dico mestamente. È quello che teme anche lei. […]

Questo è chiaramente solo uno spaccato di uno scenario grande e variegato: la stessa espressione comune “siamo tutti sulla stessa barca” vale fino a un certo punto, come ha efficacemente ricordato un gesuita spagnolo sull’ultimo numero de La Civiltà Cattolica: “Non è la stessa cosa trascorrere la pandemia in una casa confortevole nella periferia di una capitale europea oppure viverla in un quartiere povero dell’America Latina. Come pure affrontarla da giovani o da anziani, svolgere un telelavoro o trovarsi nella trincea di un ospedale, accettarla riponendo la fiducia in Dio o assecondare la superstizione più primitiva, per non parlare della differenza tra averla vissuta da sani o da malati. ” […]

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