Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, irrompe nella discussione più importante per il cristianesimo contemporaneo, che nel suo mondo ortodosso non può che avere il baricentro nel conflitto ucraino. Ma per capire cosa ha detto dobbiamo tornare al 2017.

Nel 2017 il direttore de La Civiltà Cattolica, il gesuita Antonio Spadaro, e il direttore della edizione argentina de L’Osservatore Romano, il protestante Marcelo Figueroa, mettevano a fuoco il rischio, registrato negli Stati Uniti di Donald Trump, di un «ecumenismo dell’odio» e quindi incompatibile con il vero ecumenismo e perciò con la visione di papa Francesco. Per capire di cosa parliamo dobbiamo capire il vocabolo “ecumenismo”. Il mondo cristiano ha conosciuto scismi e scomuniche, poi ha scoperto il desiderio di ricomporre la sua unità. Tra i principali ostacoli su questa strada c’è stato ovviamente il punto più delicato: uniti per valorizzare il valore delle proprie diversità, o riuniti sotto una superiore autorità? L’idea che il papa di Roma, quale successore dell’apostolo Pietro, fosse primo tra pari, ha reso la prima strada possibile. È cominciato così un cammino verso l’unità dei cristiani, che ha portato al poco noto, ma decisivo, Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Come ci sono stati e ci sono i fautori di un’unità nella valorizzazione delle proprie diversità, che arricchiscono il mondo cristiano, ci sono anche i contrari, che nelle identità emerse nelle tante fratture vedono un’indispensabile distinzione dagli altri.

Qui è intervenuto lo studio, pubblicato in due parti da La Civiltà Cattolica, di Spadaro e Figueroa, che indagando insieme, il primo sui cattolici e il secondo sui protestanti statunitensi, hanno individuato in tendenze contrarie all’ecumenismo, tendenze cioè chiuse, “integraliste” e “fondamentaliste” di quelle comunità, il favore per un nuovo ecumenismo: l’ecumenismo dell’odio.

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