Papa Francesco affronta la Pasqua più drammatica del suo pontificato. E lo fa con una chiara indicazione geopolitica. La “Terza guerra mondiale a pezzetti”, che lucidamente indicò sin dall’inizio quale segno della contemporaneità, si è rovesciata in maniera inimmaginabile e orrenda sull’Europa, con la brutale invasione dell’Ucraina scatenata da Putin. Tra fine marzo e inizio aprile si è verificato tuttavia un salto di qualità. Fino a quel momento si fronteggiavano a Washington due linee: l’una tesa a trovare una via d’uscita attraverso il negoziato, l’altra mirante a mostrare alla Russia la “superiorità” degli Stati Uniti… Bergoglio mette il dito sullo spartiacque politico di oggi: si vuole chiudere la ferita della guerra in Ucraina prima che degeneri in esiti catastrofici oppure, con fanatismo nazionalista, si persegue il miraggio di una “vittoria”? Il pontefice argentino ricorda che non si pone fine alla guerra con un’escalation del “mostrare i denti”. Non se ne esce puntando in crescendo su “altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari”. L’obiettivo – mette in chiaro l’autorevole rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica – non può e, in nome della razionalità, non è augurabile che sia la “prospettiva di una Russia indebolita e umiliata… considerata uno Stato paria o una superpotenza nucleare canaglia, in preda a impulsi revanscisti”, simili a quelli dei tedeschi dopo la Prima guerra mondiale. Alla narrativa tipica da guerra fredda, che in campo occidentale vede in Putin il “male assoluto” e la sua caduta come prodromo di un’aurora democratica a Mosca, Civiltà Cattolica replica che “non vanno assecondati i teorici che dicono che una nuova Russia senza Putin sarebbe una nazione democratica filo-occidentale: questo non accadrà, se non altro, in tempi brevi”. […]

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