Il 24 marzo ricorre l’anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine: 335 persone, la maggior parte delle quali detenute per motivi politici, uccise dai nazisti per rappresaglia in risposta all’attentato partigiano di via Rasella a una colonna di soldati tedeschi: 10 civili uccisi per ogni soldato morto, cui sono state aggiunte altre cinque persone. Come spesso accade quando i caduti sono troppi, l’identità dei singoli si perde in una commemorazione collettiva indistinta. Pochi ricordano che in quell’esecuzione di massa, avvenuta esattamente 80 anni fa, morì anche un sacerdote cattolico: Don Pietro Pappagallo. […]
«Memore di quanto aveva scritto nella Rerum novarum Leone XIII», scrive Piersandro Vanzan ricordadolo nel 2010 su La Civiltà Cattolica «in merito alle condizioni degli operai e allo sfruttamento dei lavoratori, aveva protestato energicamente contro i padroni della fabbrica, non sapendo dei loro contatti con la Curia Romana e, in particolare, con mons. Ferdinando Baldelli, successivamente diventato autorevole regista della vasta opera di assistenza caritativa della Chiesa verso i lavoratori. Ma quella volta mons. Baldelli, venuto a conoscenza dell’accaduto, aveva ripreso energicamente don Pietro, ricordandogli che, nella situazione attuale, ai sacerdoti in fabbrica era proibito comportarsi da sindacalisti e potevano unicamente assistere gli operai spiritualmente. In breve, almeno per il momento, bisognava sottostare a certi compromessi, in attesa della firma del Concordato tra la Chiesa e il Governo italiano». […]