Dal 29 settembre al 2 ottobre si è celebrato a Tucson, in Arizona, il trentesimo anniversario del VATT (Vatican Advanced Technology Telescope), il telescopio vaticano sito sul Monte Graham.
Un momento chiave è stata la cena di gala del 29 settembre, al termine della quale il General di divisione Charles F. Bolden ha intrattenuto una conversazione su spazio, relazioni e fede con p. Guy Consolmagno, S.I., direttore della Specola vaticana. Bolden, pilota e astronauta della Marina statunitense ora in pensione, è stato a capo della NASA dal 2009 al 2017. È anche un uomo di fede, membro attivo della Chiesa episcopaliana.
Consolmagno ha aperto la discussione rivolgendo a Bolden la domanda che era nella mente di tutti gli ospiti presenti alla cena: «Com’è trovarsi nello spazio? Che cosa hai provato la prima volta che sei andato nello spazio?».
Nel suo primo volo spaziale, avvenuto nel 1986, Bolden era il pilota dello Space Shuttle Columbia. Nel rievocarlo, l’astronauta ha detto che nonostante avesse ricevuto un addestramento minuzioso, che lo metteva in grado di svolgere al meglio il suo compito, nulla aveva potuto prepararlo alle emozioni che lo aspettavano. Ha descritto ciò che provò mentre, circa 15 minuti dopo il decollo, la navetta sorvolava l’Africa, la terra delle sue radici ancestrali: «Quando ho guardato fuori dal finestrino, la bellezza e lo splendore del pianeta erano uno spettacolo talmente mozzafiato, indescrivibile, che mi è venuto da piangere. Ma subito dopo mi sono detto: “Ecco, quello che per tutta la mia vita mi è stato insegnato sulle differenze tra le persone e tra i Paesi, siamo stati noi a crearlo tra un orecchio e l’altro [ha indicato la sua testa]”. E ho capito che no, non è così che Dio voleva che fosse. Questo è il modo in cui Dio ha creato il nostro pianeta».
Da quel momento Bolden ha deciso che si sarebbe impegnato per aiutare le persone a riconoscere la nostra comune umanità. Ha rimarcato le profonde radici della sua famiglia nella Chiesa presbiteriana e in quella episcopaliana e ha commentato che gli è capitato di essere criticato da persone aggrappate allo stereotipo secondo cui la fede e l’esplorazione dell’universo sarebbero incompatibili: un luogo comune confutato dal VATT, da Bolden, da Consolmagno e da molti altri scienziati e imprese scientifiche nel corso della storia.
Nel contesto dei festeggiamenti, il 30 settembre si è svolto un tour guidato al VATT per i benefattori e gli amici del telescopio, che comprendeva inoltre una visita al contiguo Large Binocular Telescope, il grande telescopio binoculare in dotazione all’Osservatorio internazionale di Mount Graham: uno strumento tra i più grandi al mondo, i cui specchi sono stati costruiti utilizzando la tecnologia già sviluppata per il VATT. A guidare la visita sono stati p. Chris Corbally, S.I., lo scienziato a capo del progetto durante la costruzione del VATT, e p. Paul Gabor, S.I., vicedirettore della Specola vaticana a Tucson. Corbally e Gabor collaborano alla incessante manutenzione e modernizzazione del VATT, e in particolare all’attuale processo di robotizzazione che sarà completato il prossimo anno.
Domenica 1° ottobre, nella parrocchia dei santi Pietro e Paolo a Tucson, si è tenuta la Messa commemorativa per p. George Coyne, S.I., direttore della Specola vaticana dal 1978 al 2006, defunto nel febbraio 2020. L’ha presieduta mons. Gerald F. Kicanas, vescovo emerito di Tucson; p. Corbally ha tenuto l’omelia.
A p. Coyne la costruzione del VATT deve molto, perché ne è stato l’infaticabile promotore. Fino al 1930 le cupole dei telescopi dell’Osservatorio erano situate sulle mura vaticane, ma il riverbero delle luci elettriche cittadine costrinse l’osservatorio a trasferirsi a Castel Gandolfo; la ulteriore crescita dell’inquinamento luminoso portò infine, nel 1980, al trasferimento in Arizona.
L’evento conclusivo del fine settimana è stato un seminario pubblico presso l’Osservatorio Steward dell’Università dell’Arizona. Una dozzina tra gli scienziati e gli ingegneri che a suo tempo svilupparono il VATT hanno descritto le sfide tecniche e i risultati scientifici di questo strumento.
Il Monte Graham sorge lontano dai grandi agglomerati urbani, ha un’altitudine elevata e gode di cieli incontaminati e limpidi. Il posto ideale in cui l’Osservatorio Vaticano potrà proseguire le proprie indagini astronomiche nei prossimi decenni.