A oltre una settimana dall’inizio dell’attacco dell’esercito russo all’Ucraina, riecheggiano le parole di papa Francesco: «La guerra è una pazzia». Il Papa ha immediatamente espresso all’ambasciatore russo la sua preoccupazione recandosi personalmente, in maniera del tutto inusuale, nella sede dell’ambasciata presso la Santa Sede.
🛑 Francisco (@Pontifex_es) visitó este viernes la embajada rusa en el Vaticano, donde se reunió con el embajador Alexander Avdeev para intentar mediar en el conflicto entre ese país y Ucrania desatado tras el ataque a gran escala de Moscú de la madrugada del jueves pic.twitter.com/3JiODKq2k3
— Agencia Télam (@AgenciaTelam) February 25, 2022
Francesco, nell’Angelus di domenica 27 febbraio, si è poi detto apertamente triste per questa situazione, in cui due nazioni che si definiscono cristiane giungono alla guerra per risolvere i conflitti. Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha scritto una lettera al patriarca Kirill di Mosca per chiedergli di alzare la propria voce affinché la guerra possa essere fermata. È da notare un segno importante giunto nella giornata del 2 marzo: un gruppo di 233 sacerdoti e diaconi della Chiesa ortodossa russa ha lanciato un forte appello a tutti coloro dai quali dipende la fine della guerra in Ucraina, definita «fratricida», chiedendo la riconciliazione e un’immediata cessazione degli scontri.
Mentre la cronaca di guerra di aggiorna molto rapidamente, la Santa sede e le Chiese locali si sono immediatamente attivate sia sul piano diplomatico che su quello dell’assistenza ai profughi che fuggono dalla «diabolica insensatezza della violenza», dalle città bombardate e assediate dalle truppe di Putin. Le informative che giungono dalle organizzazioni umanitarie parlano già di oltre un milione di profughi, tra interni ed espatriati. Di questi più di 450 mila persone – riferiscono fonti governative polacche – sono finora sono entrate in Polonia dall’Ucraina. Altri Paesi particolarmente impegnati nell’assistenza agli ucraini, in questi giorni drammatici, sono Romania, Moldova, Slovacchia e Ungheria. Secondo l’Alto commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite, nelle prossime settimane il flusso di rifugiati potrebbe arrivare a oltre 4 milioni di persone.
Il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS) è già attivo sul campo. L’organizzazione internazionale della Compagnia di Gesù, che si occupa di accompagnare, servire e difendere i diritti dei rifugiati e degli sfollati, è presente innanzi tutto a Lviv (Leopoli) in Ucraina, al confine con la Polonia, per aiutare e sostenere gli sfollati interni. La maggior parte di coloro che hanno dovuto lasciare le proprie case intende raggiungere il confine polacco e spesso ha bisogno di sostegno o di un posto dove passare la notte durante il tragitto. La casa del JRS di Lviv è attualmente utilizzata a questo scopo. Anche la casa per i ritiri spirituali dei gesuiti è stata immediatamente convertita in una casa di transito per gli sfollati.
La Polonia, al momento, è poi il Paese che come abbiamo visto riceve il maggior numero di arrivi di persone dall’Ucraina. Molti sono ospitati da parenti e amici, ma anche in viaggio verso altri paesi dell’UE. Il JRS si sta mobilitando per facilitare il trasporto delle persone dalle frontiere, oltre a fornire beni di prima necessità e a sostenere le persone nella ricerca di un alloggio provvisorio attraverso l’assistenza all’affitto. Si sta organizzando un ulteriore supporto sotto forma di assistenza legale, amministrativa e psicologica.
Il JRS è operativo anche in Romania, dove solo tra il 24 e il 28 febbraio, sono transitate già 70.000 persone provenienti dall’Ucraina. Solo una piccola minoranza ha chiesto ufficialmente asilo per il momento. Il JRS Romania sta fornendo sostegno sia nei centri per richiedenti asilo lungo le frontiere sia alle persone che non si trovano nei centri.
L’Ungheria sta ricevendo un numero minore di persone per il momento, compresi gli ungheresi che vivevano oltre il confine in Ucraina. Il JRS ha una piccola presenza nel paese e in questo momento sta valutando come essere utile al meglio. L’Ungheria è tradizionalmente un paese di transito per i rifugiati, ma in questo caso, se il conflitto dovesse continuare, è probabile che molti ucraini vogliano rimanere.
Intanto, attraverso l’Elemosineria Apostolica, il Papa ha fatto recapitare materiale sanitario alla basilica di Santa Sofia a Roma, punto di riferimento della comunità ucraina: qui da giorni partono camion carichi di viveri e generi di sussistenza, destinati alle persone che da giorni vivono le drammatiche conseguenze della guerra. Il materiale arriverà proprio a Leopoli. «Il Vaticano – ha spiegato l’elemosiniere pontificio, il cardinale Krajewski – è pronto ad aiutare chi è nella necessità»: non si guarda alla nazionalità ma all’uomo che ha bisogno.