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Il rapporto contrastato, aperto e mai completo, tra cristianesimo e cultura giapponese è una sfida, affascinante e anche dolorosa, che accompagna la storia della Chiesa, in particolare quella della Compagnia di Gesù, sin dalle vicende dei primi missionari gesuiti in Estremo oriente.
Due voci possono rappresentare questa tensione vitale. La prima è quella di s. Francesco Saverio, compagno di s. Ignazio di Loyola, che per primo tra i gesuiti raggiunse la terra del Sol levante. P. Adolfo Nicolas, già Preposito generale della Compagnia di Gesù, in un articolo che trovate in questo volume, ricordava le cinque lettere di Saverio dal Giappone nel 1549, in special modo la prima, in cui esprime le sue impressioni riguardo al popolo giapponese: «La gente con cui abbiamo conversato finora è la migliore che abbiamo mai incontrato»; e poi ha aggiunto «penso che tra gli infedeli non troveremo nessun altro che superi i giapponesi». San Francesco Saverio ammirava la cortesia, l’onestà e il senso dell’onore dei giapponesi.
L’altra voce è proprio quella, eroica e tragica insieme, dei primi missionari e dei primi cattolici in Giappone, incisa su carta nelle parole del romanzo di Shusaku Endo, Silenzio, di recente portato sul grande schermo da Martin Scorsese con il suo Silence. P. Ferdinando Castelli, che ha recensito il romanzo per La Civiltà Cattolica – altro articolo che ritrovate in questo volume – lo ha definito un «thriller teologico». Un’immagine che forse dice molto sulla storia della relazione tra cristianesimo e Giappone.
Eppure, c’è sempre un senso di positiva alterità che fa percepire una cultura lontana, riconoscendo che c’è anche un altro modo di vivere, comprendere e gustare il mondo. Un’alterità che attrae, e che va ancora e di nuovo ascoltata, integrata.
Con questo spirito, e in vista del viaggio di papa Francesco in Giappone, abbiamo raccolto alcuni articoli di archivio nel decimo numero della nostra collana monografica digitale «Accènti», dedicato appunto al Paese dell’Estremo Oriente. I contributi sono suddivisi in cinque sezioni: chiesa, politica, cinema, letteratura e architettura.
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A proposito di chiesa, cominciamo con un saggio del 1942 di p. Pasquale D’Elia, sicuramente uno dei massimi esperti di cultura giapponese nella Compagnia di Gesù, che prendeva spunto dalla notizia della istituzione della Rappresentanza diplomatica del Giappone presso la S. Sede. Nell’incipit del suo articolo, egli fa riferimento agli ostacoli, piccoli e grandi, posti all’evangelizzazione dallo «stato culturale e sociale dei popoli», e in particolare a quello rappresentato da «l’uomo colto di questi e di simili paesi» che «crede infatti di bastare a se stesso e non sente alcun bisogno di mettersi, alla scuola di altri, specialmente se estraneo alla sua razza e al suo paese».
Oltre quarant’anni dopo, un altro grande missionario in Giappone, p. Giuseppe Pittau – in seguito arcivescovo e segretario della Congregazione per l’educazione cattolica – integra il quadro, proponendo alcuni elementi propri del senso religioso dei giapponesi ed evidenziando i motivi per i quali «i cristiani hanno un’influenza indubbiamente maggiore del loro numero (1%) sia in campo culturale sia in quello sociale».
Con un articolo di p. Giuseppe De Rosa apriamo una successione di tre profili di grandi missionari del passato. Il primo è proprio quello di san Francesco Saverio, probabilmente il più grande missionario dei tempi moderni, che ha cercato di «aprire vie nuove al Vangelo», poggiandosi su tre grandi leve della sua spiritualità: la ricerca della maggior gloria di Dio; la sequela di Cristo nelle fatiche, nelle sofferenze e nei pericoli della vita apostolica; il desiderio di «salvare le anime».
Il saggio di p. Piersandro Vanzan, ci introduce alla figura di un altro gesuita missionario, Alessandro Valignano, e alla sua capacità di essere ponte tra oriente e occidente, applicando con originalità il principio fondamentale dell’evangelizzazione: inculturarsi negli usi e costumi dei popoli orientali, in modo da far penetrare anche tra loro l’annuncio cristiano.
Toni Witwer ci racconta la storia del grande missionario giapponese del cinquecento, Justus Takayama Ukon, notabile alla corte dello shōgun Toyotomi Hideyoshi, che preferisce perdere le sue proprietà, la sua carica e l’onore, andando in esilio, per disobbedire all’ordine dell’imperatore di non praticare il cristianesimo. La sua vita ha condotto molti al Vangelo.
Renzo De Luca ci racconta il seguito di questa grande epoca missionaria. Dopo l’arrivo di san Francesco Saverio in Giappone, infatti, la Chiesa cattolica conobbe una rapida fioritura, e persone di ogni condizione abbracciarono il Vangelo. Questo tuttavia non piacque alle autorità, che reagirono con forti persecuzioni, nel corso delle quali decine di migliaia di persone furono uccise. D’altra parte, non poche comunità cristiane scelsero la via della clandestinità per preservare la loro fede. Quei cristiani hanno tramandato la loro fede per sette generazioni, privi di sacerdoti.
Facciamo poi un balzo ai giorni nostri. Dopo uno sguardo di insieme sulla chiesa cattolica in Giappone, scritto da p. Giovanni Marchesi in occasione della visita ad limina dei vescovi giapponesi nel 2001, arriviamo al già citato articolo di p. Adolfo Nicolás sui tre atteggiamenti fondamentali che devono caratterizzare la missione in terra giapponese: la «riverenza» e il rispetto per il lavoro di Dio nella cultura del popolo di quella terra; la «sensibilità» per le dimensioni più profonde della realtà, dove è possibile l’incontro con Dio; e la «speranza», che non confida in un rapido successo e nei risultati immediati, perché Dio va a «tre miglia all’ora», cioè secondo il passo dell’uomo.
Ma cosa implica, oggi, la missione in un Giappone, un Paese prevalentemente scintoista ma secolarizzato? Ci aiuta in questa riflessione Shun’ichi Takayanagi, che prende le mosse dalle tre possibilità che la lingua giapponese moderna offre per tradurre il termine «missione» in senso cristiano: dendō («insegnare la via»), fukyō («diffondere la verità») e senkyō («annunciare la verità»).
Il padre gesuita Kakichi Kadowaki (1926-2017) ha espresso la migliore tradizione della Compagnia di Gesù nello sforzo di inculturare il Vangelo in Giappone. Come ci racconta p. Tomás García-Huidobro egli si è dedicato essenzialmente a creare una prospettiva ermeneutica secondo la quale l’avvicinamento alla Bibbia si basa su una lettura meditativo-corporale ispirata dalla pratica dello zen.
Infine, p. Benoît Vermander ci mostra la sempre maggiore vitalità e inventiva delle comunità cristiane asiatiche. Per questo i teologi asiatici hanno cercato di sintetizzare la natura delle esperienze vissute dal loro popolo in una teologia pan-asiatica «dell’armonia», che ne ha sviluppato i princìpi e le caratteristiche negli ultimi tre o quattro decenni.
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La sezione della politica è aperta da un interessante saggio del 1991 di p. Robert Graham sui presunti – e falliti – tentativi di dialogo tra statunitensi e giapponesi prima dello sgancio delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki: un evento che ha segnato per sempre il popolo giapponese, oltre a cambiare completamente il volto della storia dell’umanità.
Poi, con p. Angelo Macchi e p. Luciano Larivera, ci avviciniamo progressivamente ai giorni nostri, analizzando prima il difficile percorso economico e politico del Giappone verso il nuovo millennio, dopo la sconfitta nella seconda guerra mondiale. Successivamente, con un articolo del 2009, scritto in occasione della nascita del bipartitismo, e della fine della «democrazia a partito unico», quello liberal-democratico. Infine, la disamina della triplice catastrofe giapponese del 2011, «la più grande tragedia dalla seconda guerra mondiale», secondo il premier Naoto Kan; ossia, il susseguirsi di un terremoto di magnitudo 9 secondo la scala Richter sulla costa orientale dell’isola di Honshu, l’immenso tsunami che ha generato e il conseguente disastro nucleare alla centrale atomica di Fukushima Daiichi.
Chiude la sezione sulla politica, un articolo di p. Giovanni Sale che fotografa il Paese da più punti di vista, in occasione del viaggio apostolico di papa Francesco del novembre 2019. Il Pontefice trova un Giappone in transizione, dopo due eventi storici: l’abdicazione dell’imperatore Akihito (non accadeva da due secoli), con l’ascesa al «trono del crisantemo» di suo figlio Naruhito, e l’inizio di una nuova «era imperiale», che introdurrà una nuova datazione tradizionale (partendo dall’anno 1).
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La sezione dedicata al cinema è di fatto, nel momento in cui scriviamo, un omaggio grato al padre Virgilio Fantuzzi, critico cinematografico della rivista per oltre 45 anni consecutivi, che ci ha lasciato lo scorso 24 settembre. Grazie alla sua penna possiamo quasi rivedere alcune pellicole che offrono diverse prospettive sul Giappone, sulla sua cultura e sulla sua storia, sopratutto e non a caso, sui fatti e gli esiti della Seconda guerra mondiale. A partire da Rapsodia in agosto, il film con il quale il maestro del cinema giapponese Akira Kurosawa ha reso omaggio alle vittime della bomba atomica esplosa su Nagasaki il 9 agosto 1945. Fantuzzi ci accompagna poi a conoscere due dei lavori più noti del regista di animazione Hayao Miyazaki, Il castello errante di Howl – una fiaba di ispirazione europea, riletta con gli occhi dell’Estremo oriente – e Si alza il vento, nel quale, attraverso la storia vera di Jiro Horikoshi – ingegnere aeronautico, inventore di un aereo che ha lasciato il segno nella storia dell’aviazione –, si riaffaccia il fardello della tragedia bellica. Poi, un’altra interessante coppia di pellicole di un medesimo regista, Clint Eastwood, il quale ha dedicato ben due film allo stesso evento del secondo conflitto mondiale, ossia la conquista da parte statunitense dell’isola di Iwo Jima. Flags of our Fathers racconta la conquista dell’isola dal punto di vista degli americani. Lettere da Iwo Jima racconta la perdita dell’isola dal punto di vista dei giapponesi. Campo e controcampo, come si dice in gergo cinematografico.
Cambiamo completamente prospettiva con Lost in translation di Sofia Coppola. L’attore statunitense di successo Bob Harris gira a Tokyo la pubblicità per un whisky giapponese. Nell’albergo di lusso che lo ospita incontra Charlotte, giovane moglie di un indaffaratissimo fotografo di moda, il quale non ha tempo di tenerle compagnia: due americani disorientati tra un jet e un altro in un Paese di cui non capiscono né la lingua né le usanze.
Torna in scena la guerra ne Il sole di Alexandr Sokurov, nel quale le vicende relative al declino dell’impero del Sol levante sono osservate da un punto di vista particolare, quello dell’imperatore Hirohito, nel bunker scavato sotto il palazzo imperiale di Tokyo.
Ci offre uno sguardo assolutamente contemporaneo, invece, Un affare di famiglia, un film di Kore-eda Hirokazu, in cui il regista giapponese s’interroga, come aveva già fatto in altri film, sulla natura dei legami di sangue, che non sempre coincidono con quelli affettivi, dentro il contesto difficile di un’esistenza metropolitana.
La sezione sul cinema si chiude con la lunga intervista esclusiva che il regista Martin Scorsese ci ha concesso alla fine del 2016, alla vigilia dell’uscita in Italia del suo già menzionato Silence. La passione con cui il regista presenta le vicende e le figure dei protagonisti offre chiavi di lettura fondamentali per comprendere il film, anche alla luce della sua produzione precedente e degli echi della grande letteratura che l’ha ispirata.
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A proposito di Letteratura, nella quarta sezione del volume potete trovare, innanzi tutto la recensione del romanzo di Endo, Silenzio, che ha ispirato il film di Martin Scorsese di cui abbiamo appena parlato.
Poi p. Castelli ci porta alle frontiere della scienza e della tecnologia con un articolo su Non lasciarmi, romanzo di fantascienza di Kazuo Ishiguro, ispirato alla nascita per clonazione della pecora Dolly.
Sempre con p. Castelli facciamo un «salto mortale» in un mondo dominato dal misticismo alienante, dalla follia e dallo sbandamento dottrinale. Il salto mortale è il romanzo di Kenzaburô Ôe in cui descrive e denuncia il caos che da decenni incombe sul Giappone, smarrito per il crollo della sua cultura millenaria e per il vuoto ideologico e morale in cui è venuto a trovarsi.
Infine, ci avviciniamo alle parole di Kikuo Takano (1927-2006), uno dei maggiori poeti giapponesi contemporanei. Se per Pascal l’uomo è una canna pensante, per Takano invece è una trottola: soltanto lasciandosi prendere dalla vorticosa interrogazione può star diritto, trovare la sua posizione.
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L’ultima sezione di questo nuovo «accento» è dedicata all’architettura, in particolare a Tadao Ando, uno degli architetti più influenti nel suo Paese: l’autodidatta giapponese è definito da p. Bert Daelemans un «maestro in paradossi». Le cappelle da lui progettate, prima ancora di essere definite dalla loro funzione liturgica come edifici esplicitamente religiosi, sono intrinsecamente religiose per l’atmosfera contemplativa.
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Nel chiudere questa prefazione ringrazio il dott. Simone Sereni che ha collaborato con passione e competenza alla selezione e alla raccolta dei saggi che compongono questo decimo volume della collana «Accènti». Lo affido al lettore che intende entrare nella cultura giapponese alla vigilia del viaggio di papa Francesco nel Paese del Sol Levante (23-26 novembre 2019). Si tratta di una introduzione che raccoglie la riflessione de La Civiltà Cattolica lungo decenni. Globalmente in queste pagine si possono avvertire insieme la percezione di una distanza culturale da trattare con riverenza e un profondo desiderio di comprensione. Confidiamo di trasmettere questi due sentimenti anche ai lettori di queste pagine.