L’articolo espone la posizione dello storico torinese sul rapporto tra la Chiesa e la democrazia e la laicità: una posizione che riassume le tesi consuete della saggistica italiana laica sull’argomento. Si sofferma poi a metterne in rilievo il sostrato illuministico-secolaristico e la concezione della funzione del Magistero della Chiesa che da quel sostrato sostanzialmente dipende. La religione può essere riconsiderata nei suoi apporti positivi allo Stato liberale. Infatti si ricomincia a darle credito come a realtà che non appartiene all’archivio del passato. Ha contribuito a questa valutazione l’onesta riflessione sulle patologie della ragione che sono più pericolose ove si guardi alla loro potenziale efficienza.
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GIOVANNI FILORAMO: L’«AMBIGUITÀ» DEL MAGISTERO

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