Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L'amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Perciò vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne» (Lc 16,1-10).
Si tratta di una parabola difficile, dove è elogiato un comportamento palesemente ingiusto: «II padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (Lc 16,8). L’amministratore deve agire secondo il volere del padrone, ma ha piena libertà nel gestire quanto gli è stato affidato, ovviamente per accrescere il patrimonio, non per dilapidarlo. Qui egli si è fatto padrone di quel che non è suo e lo impiega senza scrupoli. Ma è chiara anche la ragione dell’elogio: se i figli di questo mondo sanno agire con tanta furbizia per i loro interessi, perché i figli della luce non fanno altrettanto per il loro bene?
Ma qual è il vero bene? Il contesto della parabola ci aiuta a capire. Il Vangelo che precede (Lc 15) narra la parabola del Padre misericordioso: la pecora perduta viene ritrovata dal pastore; la dramma smarrita viene cercata con cura e ritrovata dalla donna; il figliol prodigo che, pur avendo dilapidato l’eredità e disonorato la famiglia, viene perdonato e accolto con gioia dal padre; e infine il figlio maggiore che, pur essendo stato sempre un ragazzomodello, non sa gioire della gioia del padre: non è capace di perdonare come perdona il padre. La parabola del Padre misericordioso è dunque un invito ad avere un cuore grande come è
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