C’è un elenco impressionante di parallelismi che esistono tra l’assalto al Congresso Usa del 6 gennaio 2021 e l’invasione dei tre poteri (le sedi del Parlamento, della presidenza della Repubblica e della Corte suprema) a Brasilia l’8 gennaio scorso. Un vero e proprio manuale del golpe nel XXI secolo. Dietro i due atti ci sono strategie sovrapponibili.
La complessa e ben finanziata macchina di disinformazione, che nei due casi ha messo in discussione la legittimità del voto popolare, denunciando brogli inesistenti. La battaglia giudiziaria pretestuosa, creata ad arte per impedire il passaggio del potere (da Trump a Biden, da Bolsonaro a Lula).
L’appello al ricorso di leggi di eccezione, per evitare l’assunzione del potere del presidente legittimamente eletto. Dopo il caos, l’accusa – senza alcun fondamento – di presenza negli scontri di “infiltrati della sinistra”, per criminalizzare la parte avversa. Lo stesso modus agendi che si è ripetuto, prima a Washington e poi a Brasilia.
Deus vult
C’è molto di più, in realtà. Capitol Hill e la “Esplanada dos tres poderes” sono due crisi parallele, ma, nel contempo, due puntate di un format della destra radicale che, dal 2014 in poi, ha iniziato a costruire pazientemente una strategia globale. L’obiettivo è comune, dichiarato, ormai evidente: mettere in crisi lo Stato moderno fondato sui principi illuministici della Rivoluzione francese. Allo spirito repubblicano si vorrebbe sostituire una sorta di messianismo oscurantista, da “ancien régime”, pre-conciliare. Ed è questo un altro elemento che unisce i tentativi di rovesciamento violento dello Stato democratico a Washington e a Brasilia.