Il 19 settembre di quest’anno, la più prestigiosa pubblicazione di politica internazionale statunitense – Foreign Affairs – ha dedicato il suo approfondimento al seguente tema: «L’odio americano diventa globale».
Il testo, scritto da Bruce Hossman e Jacob Ware, comincia così: «Nella sua decennale lotta contro il terrorismo, gli Stati Uniti hanno regolarmente criticato Paesi come l’Iran, il Pakistan e l’Arabia Saudita per aver esportato ideologie estremiste e violenza. Ironia della sorte, oggi gli Stati Uniti sono accusati di fare lo stesso. La diffusione di teorie cospirative americane, di credenze nella superiorità razziale, di estremismo antigovernativo e di altre manifestazioni di odio e intolleranza è diventata un problema tale che alcuni dei più stretti alleati degli Stati Uniti – l’Australia, il Canada e il Regno Unito – hanno designato gruppi e cittadini americani come terroristi stranieri». […]
La religione in tutto ciò non può essere marginale. Colpisce, e non poco, rileggere quanto scrivevano padre Antonio Spadaro e Marcelo Figueroa su La Civiltà Cattolica già nel 2017 nel saggio Fondamentalismo evangelico e integralismo cattolico, uniti in quello che non a caso è stato universalmente definito ecumenismo dell’odio: «Il pastore Rousas John Rushdoony (1916-2001) è il padre del cosiddetto ricostruzionismo cristiano (o teologia dominionista), che grande impatto ha avuto nella visione teo-politica del fondamentalismo cristiano. Essa è la dottrina che alimenta organizzazioni e networks politici come il Council for National Policy e il pensiero dei loro esponenti quali Steve Bannon, attuale chief strategist della Casa Bianca e sostenitore di una geopolitica apocalittica. La prima cosa che dobbiamo fare è dare voce alle nostre Chiese, dicono alcuni.
Il reale significato di questo genere di espressioni è che ci si attende la possibilità di influire nella sfera politica, parlamentare, giuridica ed educativa, per sottoporre le norme pubbliche alla morale religiosa. […]