Subito dopo lo svolgimento dei funerali di Stato del Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, svoltisi il 14 gennaio 2022 nella chiesa romana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, p. Giovanni Arledler ha chiesto a Enrico Scoppola, amico di Sassoli sin dai tempi della scuola al Liceo Virgilio e delle prime esperienze negli scout cattolici, di raccontare in breve la sua testimonianza, così affine a quella di tanti parenti e persone che fino alla fine hanno condiviso con lui stile di vita, principi, valori, ideali, esperienze.
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Quando hai conosciuto David Sassoli?
L’ho conosciuto ai tempi della comune frequentazione del Liceo Virgilio di Roma. Anche se, va detto subito, io ero di due anni e mezzo maggiore (David avrebbe compiuto a maggio 66 anni ed io ho da poco ho superato i 68), e le distanze di interessi, di sensazioni, di prospettive, a una certa età risultano più evidenti. Oggi, potremmo affermare tranquillamente di essere coetanei. Poi però le strade di David e le mie – pur in una arricchente, ma sempre compatibile, diversa loro modulazione e importanza – hanno ben presto cominciato a prendere sostanzialmente la stessa direzione. È successo a volte senza neanche una precisa e piena consapevolezza, ma quel «filo rosso» ha cominciato a tessersi, prima magari più debole e indistinto poi sempre più corposo e significativo. Tutto questo processo è avvenuto in modo naturale, ma è anche indubbiamente legato ad alcune circostanze che, solo apparentemente diverse tra di loro, altro non sono state che tappe concatenate della mia progressiva e sempre più matura conoscenza di David.
Ogni amicizia è un intreccio di relazioni e conoscenze fatte di sintonie. È stato così anche con David?
Al riguardo, mi piace anzitutto cominciare da Antonella, mia moglie da più di 42 anni. Antonella, da me pure conosciuta al Liceo Virgilio, è stata per i cinque anni del ginnasio e del liceo, compagna di classe di Sandra Vittorini, divenuta poi la moglie di David. Come in ogni comunità si creano poi al loro interno – inevitabilmente, e pur in quell’irripetibile spirito di classe scolastica che tutto comprende e nulla e nessuno esclude – gruppi a volte un po’ più ristretti e che risultano essere oggetto di maggiore e specifica condivisione da parte di chi li frequenta. Ed ecco che questo, nei fatti, avvicina ancor di più Sandra ad Antonella e, ciascuna di queste a grandi amici di David. E così il «contagio» parte e – complici anche il mio rapporto con Antonella e quello di David con Sandra – il mondo di Antonella diventa il mio e quello di un’altra sezione del Liceo.
Che anni erano quelli al Liceo Virgilio?
Anche lo stesso Liceo Virgilio è stato poi un ulteriore moltiplicatore di questo processo così ampio e diversificato. E ciò è avvenuto attraverso le tante persone e le tante realtà associative presenti al suo interno e che – pur formalmente diverse e non concatenate tra di loro – hanno però costituito una rete di crescita personale per successive singole esperienze differenti ma, per alcuni versi, anche assai similari e vicine. Erano quelli, all’interno del Liceo Virgilio, gli anni di un forte impegno personale, sociale, religioso, scoutistico o di altra natura. Ricordo, solo per esemplificare, la presenza di una numerosa comunità quale il «Raggio» che – anche attraverso persone come Andrea Riccardi, Agostino Giovagnoli, Matteo Zuppi – rappresentò uno degli embrioni della poi nascente comunità di Sant’Egidio. Così come, almeno io, assistevo alla maturazione, sempre all’interno dello stesso Liceo, di una futura e forte «classe dirigente scout», della quale alcuni rappresentanti, già al tempo, erano fortemente impegnati (Paolo Giuntella, Pasquale Scarpitti, Mario Tedeschini Lalli, solo per fare alcuni nomi) ed altri in rapida e progressiva crescita.
È stato dunque un periodo davvero importante…
Sì, perché è proprio lì che inizia a costruirsi quella rete di diverse esperienze, a volte anche venata da qualche conflittualità, costruita su livelli e piani differenti, ma che spesso si sono incrociati e confrontati negli anni successivi. Una rete fatta da attori diversi, ma attraversata, questo sì, da comuni e forti denominatori. Come detto, è nata progressivamente una sorta di catena di un «contagio» che ha costruito profondi rapporti tra noi quando eravamo ragazzi, li ha poi continuamente allargati e consolidati da adulti e, quindi, li ha continuati a far vivere con la profondità e la responsabilità nell’età matura. E David era lì con tutti noi e, soprattutto con gli anni, e diventato un anello tenace di questa formidabile catena. Egli ha sempre mostrato e riconfermato grande affetto a tutti, e da tutti è stato ricambiato con pienezza e convinzione. Ancora recentemente, parlando con David al telefono, ci eravamo rinnovati la volontà di vedersi presto nell’amatissima Tuscia, dove sia lui sia io abbiamo una casa. Mi ha colpito molto che la moglie Sandra, proprio alla camera ardente, mi abbia confermato come lui – pur oberato da mille impegni e pur consapevole che non sarebbe stato così facile rispettare quella volontà – a quella volontà ci credesse appieno ed in maniera del tutto sincera. Perché David – grazie anzitutto a lui ma, forse, anche per piccolo merito di chi lo ha accompagnato nel suo percorso di vita – era soprattutto questo: attento e convinto costruttore di profondi rapporti umani, qualunque fosse la posizione di minore o maggiore rilevanza da lui coperta in quel momento.
Ci parli del mondo e dell’esperienza scout?
È stata fondamentale. Anzitutto nella fase adolescenziale della nostra crescita, ma la cosa si consoliderà negli anni come uno degli assi portanti della vita di David e mia. L’esperienza scout, incrociandone i destini, la formazione e le aspettative, coinvolge David, il sottoscritto, molte delle persone che prima ho citato e tanti, tanti, tantissimi altri. Persone che, in una quanto mai variegata realtà sociale ed economica, si aggiungono in un legame sempre più ampio e, allo stesso tempo, sempre più stretto per stili educativi scelti e maturati, per comune cultura di vita, per profonda condivisione spirituale e cristiana. Prodromi, peraltro, di quella scelta e di quell’impegno politico concretizzatisi poi per David ad altissimi livelli, che altro non sono stati che la naturale prosecuzione e la costante affermazione di quei valori cristiani, di quello stile, di quella sensibilità sociale e di quella attenzione umana e civica, elementi tutti così profondamenti presenti nell’esperienza scout.
Eravate nello stesso gruppo?
Con David non siamo mai stati nello stesso gruppo, ma abbiamo respirato la stessa aria, abbiamo incrociato gli stessi interlocutori, siamo cresciuti – pur discutendoli a volte – con gli stessi valori, abbiamo avuto occasioni di incontro, abbiamo avuto occasioni di gioco, di testimonianza che, indipendentemente dal diverso gruppo di appartenenza, hanno progressivamente cementato un rapporto. Di certo, in quei momenti, anche con una qualche dose di inconsapevolezza personale. Ma oggi, da persone più che adulte, siamo capaci di comprendere come quella inconsapevolezza non fosse superficialità o, peggio ancora, semplice casualità. Essa era la prova provata di un lungo percorso fatto, un faro sempre acceso nella progressiva, ulteriore e non interrompibile costruzione della nostra individuale esperienza di vita. David non ha mai dimenticato tutto ciò. Questo, per tutto quello che a tutti noi ha insegnato l’esperienza scout, è valso per lui ma è valso anche per noi nella successiva vita di tutti i giorni e, ciascuno nell’ambito delle responsabilità che è chiamato ad assumere. E questo ci ha unito sempre di più, pur nella inevitabile e a volte frequente distanza e lontananza fisica. Ed è così che quel meraviglioso «filo rosso» ha continuato sempre più a rafforzarsi e consolidarsi.
E così è nata la passione politica di David…
Da questo intreccio tra profondi rapporti personali, esperienze formative, cultura condivisa – condita da David da una naturale ed altrettanto profonda bontà d’animo – nasce poi il David politico, sì. È rimasto semplice pur nella enorme rilevanza degli incarichi ricoperti e nella capacità, pienamente dimostrata, di assolvere agli stessi come – diciamolo forte – ben poche persone hanno ed avrebbero saputo fare. Non posso e non potrò mai dimenticarlo. Ho avuto, a mio modo e, certo, seppur parzialmente, il privilegio di vivere con David, anche questo passaggio, sempre in nome di un’amicizia vera e non per interesse. Poco dopo l’inizio della sua esperienza parlamentare europea, mio figlio Francesco è stato assistente di David. Di quest’ultimo, Francesco ha così avuto anche lui modo di conoscere – riportandolo sempre, con ammirato entusiasmo, a mia moglie Antonella e a me – la grande forza politica, l’assenza di ogni presunzione, la forte umanità e dolcezza, l’entusiasmante capacità. Non sono di certo diventato più amico di David perché questi aveva tra i suoi collaboratori mio figlio. Lo sono solo divenuto ancor di più perché avevo avuto la controprova, ammesso che ve ne fosse stata la necessità, di quale fosse il valore della persona e del politico.
Quali sono stati i percorsi di questa passione politica? Quali sono i tuoi ricordi?
La comune passione per la politica nasce già dal liceo anche se, a quel momento, essa si muove su strade, percorsi e militanze differenti, ma non certo incompatibili tra loro. David era nell’area del cattolicesimo democratico, io nell’area liberale. Ma la diversità non intacca i comuni obiettivi, le comuni aspirazioni, il comune riferimento agli altrettanto comuni valori e sensibilità. Non ci si frequenta molto in quegli anni e non certo e giammai per le differenze di scelta politica, ma solo per le naturali circostanze della vita che a volte determinano solo fisici allontanamenti. Il «filo rosso» del nostro rapporto, infatti, non si esaurisce né si assottiglia, e in questo ci aiutano i nostri comuni e straordinari riferimenti amicali. Forti, inossidabili, profondi e concreti. E, a riprova di ciò, ci si ritrova infatti rapidamente e il «filo rosso» si rinsalda di nuovo, ammesso e non concesso che sia mai venuto meno. Il comune percorso nel Partito Democratico, fin dalla sua costituzione, la sua perenne e costante ricerca e sforzo di offrire la sua concreta disponibilità nell’essere presente agli eventi politici cui ho preso parte o che, in alcuni casi, ho contribuito personalmente ad organizzare, sono stati un’ulteriore misura del valore di David. Non solo per i contenuti che ha saputo offrire in tali iniziative, non solo per la sempre aperta sua disponibilità, ma per come detti contenuti sono stati da lui proposti. Una costante affermazione di forza e sostanza politica, ricca e ferma, ma mai incline all’arroganza; una convinzione radicata, ma mai disgiunta dal rispetto; un sorriso sincero, mai di circostanza; una tolleranza mai presuntuosa, mai “intollerante”, mai superba o altezzosa. Un uomo fortissimamente democratico, certo consapevole delle possibili contraddizioni in cui la stessa democrazia a volte inciampa; ma anche convinto di come ciascuno, forte delle proprie scelte e rivendicazioni politiche, mirasse sempre a ricercare con impegno e fiducia l’interesse della collettività. Perché, come proprio David ebbe a dire, «una democrazia che arriva in ritardo è una democrazia che non si fa amare». Insomma, e come ha ricordato magnificamente durante le sue recenti esequie, il cardinale Matteo Zuppi, «un uomo di parte e un uomo di tutti, perché la sua parte era quella della persona».
Si può, quindi, essere autentici pur in situazioni di grande potere…
Non è un caso che l’enunciazione di tali caratteristiche di David – da parte di molti, se non di tutti, a seguito della sua tragica e prematura scomparsa – non rappresentino un’usuale forma di riconoscimento, troppo spesso presente in circostanze similari. Si tratta invece di una profonda prova che, come ha fatto David, si può essere autentici pur in situazioni di potere, si può dare una prospettiva di aiuto ai più disagiati, ai più deboli e ai più diseredati anche se si ricoprono cariche politicamente apicali; si può esser concretamente vicini alle esigenze della gente anche quando si ricoprono ruoli che, come spesso accade, ti possono portare lontano dalla reale percezione dei bisogni. È ora di invertire quindi il paradigma – troppo spesso diffuso ed utilizzato a sproposito, benché ciò sia in parte comprensibile – che la politica non serva. Ovvero che essa sia solo l’esercizio di pochi a danno degli altri, ovvero ancora che la politica possa concretizzarsi solo in forme ciniche e spietate anche se manifestata in modi apparentemente gentili e rispettosi. David ci ha dato la prova più concreta di quanto sia invece possibile credere al valore positivo della politica, al suo pulito esercizio ed alla sua capacità di rendersi costruttrice di un mondo diverso, più forte, più giusto, più solidale, più umano.