
|
Offriamo di seguito un elenco degli impegni, delle raccomandazioni e delle proposte contenuti in Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per un’Ecologia Integrale, il Documento Finale dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica dell’Ottobre 2019.
Sono raccolti dentro un paradigma generale e 4 «cammini» di conversione: pastorale, culturale, ecologica e sinodale.
I numeri tra parentesi indicano i paragrafi corrispondenti al documento finale.
[il commento di p. Antonio Spadaro all’Esortazione apostolica “Querida Amazonia”]
***
Amazzonia: dall’ascolto alla conversione integrale
- Utilizzare la scienza e le tecnologie avanzate per contribuire a salvare la foresta tropicale, proteggere gli ecosistemi dell’Amazzonia e i popoli indigeni e tradizionali, e allo stesso tempo fornire attività economiche sostenibili. (11)
- Promuovere un permanente lavoro pastorale in rete rivolto al traffico di persone legato alla migrazione. (13)
- I nuovi cammini di evangelizzazione devono essere costruiti in dialogo con le conoscenze fondamentali degli indigeni sul proprio territorio, nelle quali si manifestano come semi della Parola. (14)
- La Chiesa deve sfruttare l’opportunità di differenziarsi dalle nuove potenze colonizzatrici ascoltando i popoli amazzonici per esercitare in modo trasparente la sua attività profetica e presentare Cristo in tutto il suo potenziale liberatorio e umanizzante. (15)
- Ascoltare il grido della terra, dei poveri e dei popoli dell’Amazzonia con cui camminiamo che ci chiama ad una vera conversione integrale, con una vita semplice e sobria, il tutto alimentato da una spiritualità mistica nello stile di San Francesco d’Assisi, esempio di conversione integrale vissuta con letizia e gioia cristiana (cfr. LS 20-12). Una lettura orante della Parola di Dio ci aiuterà ad approfondire e a scoprire i gemiti dello Spirito e ci incoraggerà nel nostro impegno a prenderci cura della “casa comune”. (17)
Nuovi cammini di conversione pastorale
- Accogliere la conversione pastorale richiesta da una Chiesa missionaria in uscita. (20)
- Il dinamismo missionario e battesimale ci spinge a una conversione pastorale e ci trasforma in comunità vive che lavorano in équipe e reti al servizio dell’evangelizzazione. (21)
- Promuovere azioni comuni intorno alla Parola come traduzioni e distribuzioni della Bibbia nelle lingue locali, edizioni condivise, incontri tra teologi e di teologi e teologhe cattolici e di diverse confessioni. (24)
- Sviluppare iniziative di incontro, studio e dialogo con i seguaci delle religioni indigene e i culti afro-discendenti. (25)
- Generare un maggiore impulso missionario tra le vocazioni autoctone. (26)
- Dare alla pastorale indigena il suo posto specifico nella Chiesa. Definire, elaborare e adottare azioni pastorali; stabilire e consolidare gli organismi diocesani di pastorale indigena per mezzo di una rinnovata azione missionaria, che ascolti, dialoghi, sia incarnata e assicuri una presenza permanente. (27)
- Aspirare a una Chiesa indigena con propri sacerdoti e ministri sempre uniti e in totale comunione con la Chiesa cattolica. (27)
- É necessario un riferimento al mondo rurale nel suo insieme e alla pastorale rurale in particolare per rispondere al fenomeno dello spopolamento delle campagne. (28)
- Lo spostamento forzato di famiglie indigene, contadine, afro-discendenti e appartenenti alle popolazioni che vivono lungo le rive dei fiumi, richiede una pastorale d’insieme nella periferia dei centri urbani. É necessario creare equipe missionarie che accompagnino queste famiglie, coordinando con le parrocchie e le altre istituzioni ecclesiali ed extraecclesiali le condizioni di accoglienza, offrendo liturgie inculturate e nelle lingue dei migranti, promuovendo spazi di scambio culturale, favorendo l’integrazione nella comunità e nella città e motivandole ad essere esse stesse protagoniste di questo lavoro. (29)
- Accompagnare i giovani presenti in tutto il territorio ad affrontare qualsiasi situazione distrugga la loro identità o danneggi la loro autostima. (30)
- All’interno dei centri urbani la Chiesa è chiamata a essere una presenza profetica tra i giovani, offrendo loro un accompagnamento adeguato e un’educazione appropriata. (31)
- Promuovere una pastorale sempre in divenire, incentrata su Gesù Cristo e sul suo progetto, dialogica e integrale, impegnata in tutte le realtà giovanili esistenti sul territorio. (32)
- Promuovere nuove forme di evangelizzazione attraverso i social media; aiutare i giovani indigeni a raggiungere una sana interculturalità; aiutarli ad affrontare la crisi valoriale che distrugge la loro autostima e fa perdere loro la propria identità. (33)
- Difendere il diritto di tutte le persone alla città, definito come il godimento equo delle città all’interno dei principi di sostenibilità, democrazia e giustizia sociale. (35)
- Incidere nelle politiche pubbliche e promuovere iniziative che migliorino la qualità della vita nel mondo rurale. (35)
- È necessario che i pastori incoraggino tutti e ciascuno dei fedeli al discepolato missionario. (36)
- La comunità ecclesiale dovrà essere presente negli spazi di partecipazione alle politiche pubbliche dove si articolano azioni per rivitalizzare la cultura, la convivenza, il tempo libero e la celebrazione. (36)
- Lottare affinché alle ‘favelas’ e alle ‘villas miseria’ siano garantiti i diritti fondamentali di base e promuovere una cittadinanza ecologica integrale. (36)
- Istituire il ministero dell’accoglienza nelle comunità urbane dell’Amazzonia per i migranti, i rifugiati, i senzatetto e le persone che hanno lasciato le zone rurali. (36)
- Articolare una pastorale indigena della città che si occupi della realtà degli indigeni nei centri urbani. (37)
- Proponiamo una rete itinerante che raduni i vari sforzi delle équipe che accompagnano e vivacizzano l’esistenza e la fede delle comunità amazzoniche. (40)
- I cammini di incisività politica per la trasformazione della realtà devono essere il frutto del discernimento comune di pastori e laici. (40)
- Le congregazioni e/o province di religiosi/e del mondo, che non sono ancora coinvolti nelle missioni, sono invitati a stabilire almeno un avamposto missionario in uno qualsiasi dei Paesi amazzonici. (40)
Nuovi cammini di conversione culturale
- La nostra conversione deve essere anche culturale, imparando dall’altro. Essere presenti, rispettare e riconoscere i suoi valori, vivere e praticare l’inculturazione e l’interculturalità nel nostro annuncio della Buona Notizia. (41)
- La realtà pluriculturale dell’Amazzonia esige di avere uno sguardo che includa tutti e di utilizzare espressioni che permettano di identificare e collegare tutti i gruppi, nonché di rispecchiare identità che vengano riconosciute, rispettate e promosse tanto nella Chiesa quanto nella società, che deve trovare nei popoli amazzonici un valido interlocutore per il dialogo e l’incontro. (42)
- Promuovere la demarcazione e la protezione del territorio, obbligo degli Stati nazionali e dei loro rispettivi governi. (45)
- La Chiesa si impegna a essere alleata dei popoli amazzonici per denunciare gli attentati contro la vita delle comunità indigene, i progetti che incidono sull’ambiente, la mancanza di demarcazione dei loro territori, nonché il modello economico di sviluppo predatorio ed ecocida. (46)
- Difendere i diritti all’autodeterminazione, alla demarcazione dei territori e alla consultazione preventiva, libera e informata dei popoli indigeni, meticci, che abitano lungo le rive dei fiumi, contadini, ‘quilombolas’ e/o afro-discendenti e delle comunità tradizionali. (47)
- Un capitolo specifico richiedono i PIAV o PIACI. Optare per la loro difesa non esonera le Chiese locali dalla responsabilità pastorale nei loro confronti. (49)
- Azioni specifiche ed incisive per la difesa dei diritti dei PIAV e dei PIACI, affinché gli Stati assumano la difesa dei loro diritti attraverso la garanzia legale e inviolabile dei territori che tradizionalmente occupano, anche adottando misure precauzionali in quelle regioni dove ci sono solo segni della loro presenza ma essa non è ufficialmente confermata, e stabilendo meccanismi di cooperazione bilaterale tra gli Stati, quando questi gruppi occupano spazi transfrontalieri. Deve essere garantito il rispetto per la loro autodeterminazione e per la loro libera scelta sul tipo di relazione che desiderano stabilire con altri gruppi. (50)
- Tutto il popolo di Dio, e specialmente le popolazioni vicine ai territori dei PIAV/PIACI, deve essere sensibilizzato al rispetto per questi popoli e all’importanza dell’inviolabilità dei loro territori. (50)
- È necessario “proporre una catechesi appropriata che accompagni la fede già presente nella religiosità popolare. Un modo concreto potrebbe essere quello di offrire un processo di iniziazione cristiana” (DAP 300), che ci porta a somigliare sempre più a Gesù Cristo. (53)
- Siamo invitati ad avvicinarci ai popoli amazzonici su un piano di parità, rispettando la loro storia, le loro culture, il loro stile di ‘buon vivere’. (55)
- Nel compito evangelizzatore della Chiesa, che non va confuso con il proselitismo, dobbiamo includere chiari processi di inculturazione dei nostri metodi e schemi missionari. (56)
- I centri di ricerca e quelli pastorali della Chiesa, in collaborazione con le popolazioni indigene, dovrebbero studiare, raccogliere e sistematizzare le tradizioni dei gruppi etnici amazzonici per favorire un’opera educativa che parta dalla loro identità e cultura, contribuisca alla promozione e alla difesa dei loro diritti, ne conservi e diffonda il loro valore nel panorama culturale latinoamericano. (56)
- Concentrarsi sulla costruzione collettiva di processi educativi che abbiano l’identità culturale delle comunità amazzoniche, insistendo sulla formazione di un’ecologia integrale come asse trasversale. (57)
- Promuovere l’educazione sanitaria preventiva e offrire assistenza sanitaria in luoghi dove l’intervento statale non arriva. (58)
- Favorire iniziative di integrazione a beneficio della salute degli amazzonici. (58)
- Promuovere la condivisione sociale delle conoscenze ancestrali nel campo della medicina tradizionale specifica di ogni cultura. (58)
- Promuovere un’educazione alla solidarietà che nasca dalla consapevolezza di un’origine comune e di un futuro condiviso da tutti. (59)
- Esigere dai governi l’implementazione di un’educazione pubblica, interculturale e bilingue. (59)
- Promuovere una cultura comunicativa che favorisca il dialogo, la cultura dell’incontro e la cura della “casa comune”. (60)
- Potenziare gli spazi di comunicazione già esistenti nella regione, al fine di promuovere con urgenza una conversione ecologica integrale. (60)
- Collaborare per la formazione di agenti di comunicazione autoctoni, soprattutto indigeni. (60)
- Creare una rete di comunicazione ecclesiale panamazzonica, che comprende i vari mezzi utilizzati dalle Chiese particolari e da altri organismi ecclesiali per sviluppare i vari collegamenti con l’intera Amazzonia e migliorare la comunicazione della Chiesa. (61)
- La REPAM può collaborare nella consulenza e nel supporto ai processi di formazione, nel monitoraggio e nel rafforzamento della comunicazione nella regione panamazzonica. (61)
- Creare una rete scolastica di educazione bilingue per l’Amazzonia (simile a Fe y Alegría), che articoli proposte educative che rispondano ai bisogni delle comunità, rispettando, valorizzando e integrando al loro interno l’identità culturale e quella linguistica. (62)
- Sostenere, appoggiare e favorire le esperienze educative di educazione interculturale bilingue che già esistono nelle giurisdizioni ecclesiastiche dell’Amazzonia e coinvolgere le università cattoliche affinché lavorino e si impegnino in rete. (63)
- Cercare nuove forme di educazione convenzionale e non convenzionale, come l’educazione a distanza, secondo le esigenze dei luoghi, dei tempi e delle persone. (64)
Nuovi cammini di conversione ecologica
- Affrontare lo sfruttamento illimitato della “casa comune” e dei suoi abitanti. (67)
- Favorire e riconoscere il ruolo centrale del bioma amazzonico per l’equilibrio del clima del pianeta. (68)
- Incoraggiare la comunità internazionale a fornire nuove risorse economiche per la sua tutela e per la promozione di un modello di sviluppo giusto e solidale, con il protagonismo e la partecipazione diretta delle comunità locali e dei popoli originari in tutte le fasi, dalla progettazione all’implementazione, rafforzando anche gli strumenti già sviluppati dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, Rio de Janeiro, 1992. (68)
- Difendere e promuovere i diritti umani come un’esigenza di fede. (70)
- Denunciare la violazione dei diritti umani e la distruzione estrattiva. (70)
- Assumere e sostenere le campagne di disinvestimento delle compagnie estrattive legate ai danni socio-ecologici dell’Amazzonia, a partire dalle stesse istituzioni ecclesiali e anche in alleanza con altre Chiese. (70)
- Chiedere una transizione energetica radicale e la ricerca di alternative: “La civiltà richiede energia, ma l’uso dell’energia non deve distruggere la civiltà!” (70)
- Sviluppare programmi di abilitazione alla cura della ‘casa comune’, che devono essere progettati da operatori pastorali e altri fedeli, aperti a tutta la comunità, in “uno sforzo di formazione delle coscienze”. (70)
- Cercare modelli economici alternativi, più sostenibili, più amichevoli nei riguardi della natura, con un solido sostegno spirituale. (71)
- Chiedere che gli Stati smettano di considerare l’Amazzonia come una dispensa inesauribile ma che al contrario sviluppino politiche di investimento che abbiano, come condizione per ogni intervento, il rispetto di elevati standard sociali ed ambientali e il principio fondamentale della preservazione dell’Amazzonia. (71)
- Includere i popoli Indigeni organizzati, altre comunità amazzoniche e le diverse istituzioni scientifiche che stanno già proponendo modelli di sfruttamento della foresta intatta. (71)
- Il nuovo paradigma dello sviluppo sostenibile deve essere socialmente inclusivo, combinando conoscenze scientifiche e tradizionali per rafforzare le comunità tradizionali e indigene, in maggioranza donne, e far sì che queste tecnologie siano al servizio del benessere e della protezione delle foreste. (71)
- Discutere il valore reale che qualsiasi attività economica o estrattiva possiede, cioè il valore che essa apporta e restituisce alla terra e alla società, considerando la ricchezza che ne estrae e le sue conseguenze socio-ecologiche. (72)
- Sostenere una cultura di pace e rispetto – non di violenza e violazione – e un’economia incentrata sulla persona che si prenda cura anche della natura. (73)
- Elaborare alternative di sviluppo ecologico integrale a partire dalle cosmovisioni che siano costruite con le comunità, salvaguardando la saggezza ancestrale. (73)
- Sostenere progetti che propongono un’economia solidale e sostenibile, circolare ed ecologica, sia a livello locale che internazionale, a livello di ricerca e nel campo d’azione, nei settori formali e informali. (73)
- Sostenere e promuovere esperienze di cooperative di bioproduzione, riserve forestali e consumo sostenibile. (73)
- Promuovere una formazione che tenga conto della qualità etica e spirituale della vita delle persone a partire da una visione integrale. (75)
- Prestare innanzitutto la massima attenzione alle comunità colpite da danni socio-ambientali. (75)
- Formare agenti pastorali e ministri ordinati con una sensibilità socio-ambientale. (75)
- Promuovere uno stile di vita in armonia con il territorio, e allo stesso tempo con il ‘buon vivere’ di chi ci abita. (75)
- Riconoscere la saggezza dei popoli amazzonici circa la biodiversità, preservando e mantenendo queste conoscenze, come anche le innovazioni e le pratiche delle popolazioni e rispettando la sovranità dei Paesi e le loro leggi che regolano l’accesso alle risorse genetiche e ai saperi tradizionali associati. (76)
- La Chiesa deve aiutare queste popolazioni a garantire che i benefici derivanti dall’utilizzo di queste conoscenze, innovazioni e pratiche siano condivisi in un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo. (76)
- Optare per la difesa della vita, della terra e delle culture originarie amazzoniche, accompagnando i popoli amazzonici nella registrazione, sistematizzazione e diffusione di dati e informazioni sui loro territori e sul loro status giuridico. (78)
- Dare priorità all’incidenza e all’accompagnamento al fine di raggiungere la demarcazione dei territori, in particolare di quelli dei PIACI o PIAV, incoraggiando gli Stati a rispettare i loro obblighi costituzionali su tali questioni, compreso il diritto di accesso all’acqua. (78)
- Creare ministeri per la cura della ‘casa comune’ in Amazzonia, la cui funzione sia quella di prendersi cura del territorio e delle acque insieme alle comunità indigene, e un ministero per l’accoglienza di coloro che sono sfollati dai loro territori verso le città. (79)
- Difendere la vita nella sua interezza dal suo concepimento al suo tramonto e la dignità di tutte le persone. (80)
- Sostenere gli sforzi di tanti che difendono coraggiosamente la vita in tutte le sue forme e fasi. (80)
- Contenere le situazioni di peccato, le strutture di morte, la violenza e le ingiustizie interne ed esterne e promuovere il dialogo interculturale, interreligioso ed ecumenico. (80)
- Disimparare, imparare e reimparare per superare ogni tendenza ad assumere modelli colonizzatori che hanno causato danni in passato. (81)
- Essere consapevoli della forza del neocolonialismo, che è presente nelle nostre decisioni quotidiane, e del modello di sviluppo predominante, che si esprime nel modello crescente della monocoltura agricola, dei nostri mezzi di trasporto e dell’immaginario di benessere derivante dal consumo che viviamo nella società e che ha implicazioni dirette e indirette in Amazzonia. (81)
- Abbracciare una spiritualità di ecologia integrale, per promuovere la cura del creato, impegnandosi ad essere una comunità di discepoli missionari molto più partecipativa e inclusiva. (81)
- Definire il peccato ecologico come un’azione o un’omissione contro Dio, contro il prossimo, la comunità e l’ambiente. (82)
- Creare ministeri speciali per la cura della ‘casa comune’ e la promozione dell’ecologia integrale a livello parrocchiale e in ciascuna giurisdizione ecclesiastica, che abbiano tra le loro funzioni la cura del territorio e delle acque, nonché la promozione dell’enciclica Laudato si‘. (82)
- Assumere il programma pastorale, educativo ed incisivo dell’Enciclica Laudato si’ nei Capitoli V e VI a tutti i livelli e in tutte le strutture della Chiesa. (82)
- Creare un fondo mondiale per coprire parte dei bilanci di quelle comunità presenti in Amazzonia che promuovono il loro sviluppo integrale e autosostenibile, come modo per riparare il debito ecologico che i Paesi hanno con l’Amazzonia e anche per proteggerle dal desiderio predatorio di aziende nazionali e multinazionali di estrarre le loro risorse naturali. (83)
- Adottare abitudini responsabili che rispettino e valorizzino i popoli dell’Amazzonia, le loro tradizioni e la loro saggezza, proteggendo la terra e cambiando la nostra cultura di eccessivo consumo, la produzione di rifiuti solidi, stimolando il riutilizzo e il riciclaggio. (84)
- Ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili e l’uso della plastica modificando le nostre abitudini alimentari mediante stili di vita più sobri. (84)
- Impegnarsi attivamente a seminare alberi, ricercando alternative sostenibili in agricoltura, energia e mobilità nel rispetto dei diritti della natura e delle persone. (84)
- Promuovere l’educazione all’ecologia integrale a tutti i livelli, promuovere nuovi modelli economici e iniziative che favoriscano una qualità di vita sostenibile. (84)
- Creare un osservatorio pastorale socio-ambientale, rafforzando la lotta per la difesa della vita in collaborazione con CELAM, CLAR, Caritas, REPAM, Episcopati nazionali, Chiese locali, Università cattoliche, CIDU, altri attori non ecclesiali del Continente e rappresentanti dei popoli indigeni. (85)
- L’osservatorio dovrebbe effettuare una diagnosi del territorio e dei suoi conflitti socio-ambientali in ogni Chiesa locale e regionale, per poter assumere una posizione, prendere decisioni e difendere i diritti dei più vulnerabili. (85)
- Creare un ufficio amazzonico nel Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che sia in relazione con questo Osservatorio e con le altre istituzioni locali amazzoniche. (85)
Nuovi cammini di conversione sinodale
- La Chiesa di oggi ha bisogno di convertirsi all’esperienza sinodale per camminare insieme. (88)
- Rafforzare una cultura di dialogo, di ascolto reciproco, di discernimento spirituale, di consenso e di comunione per trovare spazi e modalità al fine di giungere a decisioni comuni e rispondere alle sfide pastorali. (88)
- Camminare, proporre e assumere responsabilità per superare il clericalismo e le imposizioni arbitrarie. (88)
- Riconoscere un effettivo esercizio del sensus fidei di tutto il Popolo di Dio per essere Chiesa. (88)
- Camminare nell’esercizio del discernimento, che è il centro dei processi e degli eventi sinodali. (90)
- Determinare e percorrere come Chiesa, attraverso l’interpretazione teologica dei segni dei tempi, sotto la guida dello Spirito Santo, il cammino da seguire al servizio del disegno di Dio. (90)
- Scoprire la chiamata che Dio fa sentire in ogni determinata situazione storica tramite il discernimento comunitario. (90)
- Esercitare l’ascolto reciproco, il dialogo sincero e il discernimento comunitario per il bene comune del Popolo di Dio. (90)
- Camminare sotto l’impulso dello Spirito Santo nelle piccole comunità, nelle parrocchie, nelle diocesi, nei vicariati, nelle ‘prelature’, e in tutta la regione. (90)
- Con audacia evangelica, implementare nuovi cammini per la vita della Chiesa e il suo servizio ad un’ecologia integrale in Amazzonia. (91)
- Riflettere su come strutturare le Chiese locali in ogni regione e Paese, e procedere a una conversione sinodale che indichi percorsi comuni di evangelizzazione. (91)
- Impregnare di spirito sinodale le comunità, sostenute da strutture organizzative in accordo con questa dinamica, come autentici organismi di ’comunione’. (92)
- Decentralizzare le forme di esercizio della sinodalità nei loro diversi livelli (diocesano, regionale, nazionale, universale), rispettose e attente ai processi locali, senza indebolire il legame con le altre Chiese sorelle e con la Chiesa universale. (92)
- In vista di una società giusta e solidale nella cura della ‘casa comune’, la Chiesa in Amazzonia vuole fare dei laici attori privilegiati. Il loro modo di agire è stato ed è vitale, sia nel coordinamento delle comunità ecclesiali, esercitando alcuni ministeri, sia nel loro impegno profetico in un mondo inclusivo per tutti, che ha nei suoi martiri una testimonianza che ci interpella. (93)
- Riconosciamo la necessità di rafforzare e ampliare gli spazi di partecipazione del laicato (le assemblee e i consigli pastorali in tutti gli ambiti ecclesiali, come pure le equipe di coordinamento dei diversi servizi pastorali ed i ministeri affidati ai laici), sia nella consultazione che nella presa di decisioni, nella vita e nella missione della Chiesa. (94)
- Per la Chiesa amazzonica è urgente che si promuovano e si conferiscano ministeri a uomini e donne in modo equo. (95)
- Affidamento (da parte del Vescovo), con un mandato a tempo determinato, in assenza di sacerdoti, l’esercizio della cura pastorale delle comunità ad una persona non investita del carattere sacerdotale, che sia membro della stessa comunità. Per evitare i personalismi sarà un incarico a rotazione. Il Vescovo potrà costituire questo ministero in rappresentanza della comunità cristiana con un mandato ufficiale attraverso un atto rituale, affinché la persona responsabile della comunità sia riconosciuta anche a livello civile e locale. (96)
- Rafforzare e rinnovare la vita consacrata e riprendere ciò che è il più puro della sua ispirazione originaria. (98)
- Scommettere su una vita consacrata con identità amazzonica, rafforzando le vocazioni autoctone. (98)
- Sostenere l’inserimento e l’itineranza delle persone consacrate, insieme ai più impoveriti ed esclusi. (98)
- Includere nei processi formativi una focalizzazione a partire dall’interculturalità, dall’inculturazione e dal dialogo tra le spiritualità e le cosmovisioni amazzoniche. (98)
- Allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. (99)
- Non ridurre l’impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuovere il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. (99)
- Apprezzare la funzione della donna, riconoscendo il suo ruolo fondamentale nella formazione e nella continuità delle culture, nella spiritualità, nelle comunità e nelle famiglie. (101)
- È necessario che la donna assuma con maggiore forza la sua leadership in seno alla Chiesa. (101)
- È necessario che la Chiesa riconosca la leadership della donna e la promuova, rafforzando la sua partecipazione nei consigli pastorali delle parrocchie e delle diocesi, come anche nelle istanze di governo. (101)
- Porre la Chiesa in difesa dei diritti delle donne, vittime di violenza fisica, morale e religiosa, femminicidio compreso, e riconoscerle come protagoniste e custodi del creato e della ‘casa comune’. (102)
- Promuovere la formazione delle donne attraverso studi di teologia biblica, teologia sistematica, diritto canonico, valorizzando la loro presenza nelle organizzazioni e la loro leadership all’interno e all’esterno dell’ambiente ecclesiale. (102)
- Rafforzare i legami familiari, soprattutto per le donne migranti. (102)
- Assicurare il loro posto negli spazi di leadership e nelle loro competenze specifiche. (102)
- Revisionare il Motu Proprio Ministeria quædam di San Paolo VI, affinché anche donne adeguatamente formate e preparate possano ricevere i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato, tra gli altri che possono essere svolti. (102)
- Creare nei nuovi contesti di evangelizzazione e di pastorale in Amazzonia, dove la maggior parte delle comunità cattoliche sono guidate da donne, il ministero istituito di “donna dirigente di comunità”, dando ad esso un riconoscimento, nel servizio alle mutevoli esigenze di evangelizzazione e di attenzione alle comunità. (102)
- Condividere le nostre esperienze e riflessioni sul diaconato delle donne con la Commissione e attenderne i risultati. (103)
- Per la Chiesa amazzonica, è urgente la promozione, la formazione e il sostegno ai diaconi permanenti a causa dell’importanza di questo ministero nella comunità. (104)
- Il diaconato oggi deve anche promuovere l’ecologia integrale, lo sviluppo umano, la pastorale sociale, il servizio a chi si trova in condizioni di vulnerabilità e povertà, configurandolo a Cristo Servo, diventando una Chiesa misericordiosa, samaritana, solidale e diaconale. (104)
- I presbiteri devono tenere in conto che il diacono è al servizio della comunità per mandato e sotto l’autorità del vescovo, e che hanno l’obbligo di sostenere i diaconi permanenti e di agire in comunione con loro. (105)
- Tenere presente il mantenimento dei diaconi permanenti. (105)
- Tenere presente il processo vocazionale secondo i criteri di ammissione. (105)
- Dividere il progetto formativo tra studio accademico e pratica pastorale, accompagnato da un’équipe formativa e dalla comunità parrocchiale, con contenuti e itinerari adattati ad ogni realtà locale. (105)
- Anche la moglie ed i figli dovrebbero partecipare al processo di formazione. (105)
- Il programma di studi (curriculum) per la formazione al diaconato permanente, oltre alle materie obbligatorie, deve includere temi che favoriscano il dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale, la storia della Chiesa in Amazzonia, l’affettività e la sessualità, la cosmovisione indigena, l’ecologia integrale e altri temi trasversali tipici del ministero diaconale. (106)
- Incoraggiare, sostenere e accompagnare personalmente il processo vocazionale e la formazione di futuri diaconi permanenti nelle comunità che abitano sulle rive dei fiumi e in quelle indigene, con la partecipazione di parroci, religiosi e religiose. (106)
- Deve esserci un programma di accompagnamento alla formazione permanente (spiritualità, formazione teologica, questioni pastorali, attualizzazione dei documenti della Chiesa, ecc.), sotto la guida del Vescovo. (106)
- La formazione al ministero ordinato deve essere una scuola comunitaria di fraternità, esperienziale, spirituale, pastorale e dottrinale, a contatto con la realtà delle persone, in armonia con la cultura e la religiosità locale, vicina ai poveri. (107)
- Preparare buoni pastori che vivano la Buona Notizia del Regno, conoscano le leggi canoniche, siano compassionevoli, il più possibile simili a Gesù, la cui pratica sia quella di fare la volontà del Padre, alimentati dall’Eucaristia e dalla Sacra Scrittura. (107)
- Offrire ai futuri presbiteri delle Chiese in Amazzonia una formazione dal volto amazzonico, inserita e adatta alla realtà, contestualizzata e capace di rispondere alle numerose sfide pastorali e missionarie, un piano formativo in linea con le sfide delle Chiese locali e della realtà amazzonica. Includere nei contenuti accademici discipline che si occupino di ecologia integrale, di eco-teologia, di teologia della creazione, di teologie indie, di spiritualità ecologica, di storia della Chiesa in Amazzonia, di antropologia culturale amazzonica, ecc. Inserire nella realtà amazzonica i centri di formazione alla vita sacerdotale e consacrata, al fine di favorire il contatto del giovane amazzonico in formazione con la sua realtà, mentre si prepara alla sua futura missione, garantendo così che il processo di formazione non si allontani dal contenuto vitale delle persone e della loro cultura. Offrire, inoltre, ad altri giovani non amazzonici l’opportunità di svolgere la propria formazione in Amazzonia, in modo da favorire le vocazioni missionarie. (108)
- Riconoscere e far fronte al diritto della comunità alla celebrazione, il quale deriva dall’essenza dell’Eucaristia e dal suo posto nell’economia di salvezza. (110)
- Considerando che la legittima diversità non nuoce alla comunione e all’unità della Chiesa, ma la manifesta e ne è al servizio (cfr. LG 13; OE 6), come testimonia la pluralità dei riti e delle discipline esistenti, proponiamo che, nel quadro di Lumen Gentium 26, l’autorità competente stabilisca criteri e disposizioni per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, i quali, pur avendo una famiglia legittimamente costituita e stabile, abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato al fine di sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica. (111)
- Di fronte a questa realtà (del ‘costo dell’Amazzonia’), è necessario riprogettare il modo in cui sono organizzate le Chiese locali, ripensare le strutture di comunione a livello provinciale, regionale e nazionale, e anche dal punto di vista pan-amazzonico; articolare spazi sinodali e generare reti di sostegno solidale; superare le frontiere che la geografia impone e costruire ponti che uniscano. (112)
- Il Documento di Aparecida insisteva già sul fatto che le Chiese locali generino forme di associazione interdiocesana in ogni nazione o tra Paesi di una stessa regione e che favoriscano una maggiore cooperazione tra le Chiese sorelle (cfr. DAp 182). Ridimensionare le vaste aree geografiche delle diocesi, dei vicariati e delle ‘prelature’; creare un fondo amazzonico per il sostegno all’evangelizzazione; sensibilizzare e incoraggiare le agenzie internazionali di cooperazione cattolica a sostenere le attività di evangelizzazione al di là dei progetti sociali. (112)
- Rafforzare la pastorale sociale congiunta delle Diocesi situate alle frontiere dei Paesi per affrontare problemi comuni che vanno oltre l’ambito locale, come lo sfruttamento delle persone e del territorio, il traffico di droga, la corruzione, la tratta di esseri umani, ecc. (113)
- Il fenomeno migratorio deve essere affrontato in modo coordinato dalle Chiese di frontiera. (113)
- Istituire un’Università Cattolica Amazzonica basata sulla ricerca interdisciplinare (compresi gli studi sul campo), l’inculturazione e il dialogo interculturale. (114)
- La teologia inculturata dovrebbe comprendere la formazione congiunta per i ministeri laici e la formazione dei sacerdoti, fondata principalmente sulla Sacra Scrittura. (114)
- Le attività di ricerca, educazione e divulgazione dovrebbero includere programmi di studio ambientale (conoscenze teoriche basate sulla saggezza dei popoli che vivono nella regione amazzonica) e studi etnici (descrizione delle diverse lingue, ecc.). (114)
- La formazione degli insegnanti, l’insegnamento e la produzione di materiale didattico deve rispettare i costumi e le tradizioni dei popoli indigeni, elaborando materiale didattico inculturato e svolgendo attività di divulgazione in diversi Paesi e regioni. (114)
- Le università cattoliche dell’America Latina sono chiamate a contribuire alla creazione dell’Università Cattolica Amazzonica e ad accompagnarne lo sviluppo. (114)
- Creare un organismo episcopale che promuova la sinodalità tra le Chiese della regione, che aiuti a delineare il volto amazzonico di questa Chiesa e che continui il compito di trovare nuovi cammini per la missione evangelizzatrice, includendo in special modo la proposta dell’ecologia integrale, rafforzando così la fisionomia della Chiesa amazzonica. (115)
- Dare una risposta autenticamente cattolica alla richiesta delle comunità amazzoniche di adattare la liturgia valorizzando la cosmovisione, le tradizioni, i simboli e i riti originali che includano la dimensione trascendente, comunitaria ed ecologica. (116)
- La Chiesa, nella sua instancabile opera evangelizzatrice, deve operare perché il processo di inculturazione della fede si esprima nelle forme più coerenti, affinché sia celebrato e vissuto anche secondo le lingue proprie dei popoli amazzonici. (118)
- Formare commissioni per la traduzione e la redazione di testi biblici e liturgici nelle lingue proprie dei diversi luoghi, con le risorse necessarie, preservando la materia dei sacramenti e adattandoli alla forma, senza perdere di vista l’essenziale. (118)
- Incoraggiare la musica e il canto, il tutto accettato e incoraggiato dalla liturgia. (118)
- Il nuovo organismo della Chiesa in Amazzonia deve costituire una commissione competente per studiare e dialogare, secondo gli usi e i costumi dei popoli ancestrali, in vista dell’elaborazione di un rito amazzonico che esprima il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale dell’Amazzonia, con particolare riferimento a quanto afferma la Lumen gentium per le Chiese orientali (cfr. LG 23). (119)
- Studiare e proporre come arricchire i riti ecclesiali con il modo in cui questi popoli si prendono cura del loro territorio e si relazionano con le sue acque. (119)
***
Copyright © 2020 – La Civiltà Cattolica
Riproduzione riservata