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«Per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone, storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme».
(Papa Francesco, Messaggio per la 54ma Giornata delle Comunicazioni Sociali)
Compito del giornalismo, oserei dire la sua vocazione, è – attraverso l’attenzione, la cura per la ricerca della verità – quello di favorire la costruzione di una vera cittadinanza. In questa prospettiva di orizzonte ampio, quindi, operare con professionalità vuol dire avere a cuore uno degli architravi della struttura di una società democratica. Per me qui c’è il senso della nostra responsabilità come giornalisti. Il giornalismo come «strumento di costruzione» di una società. La mia domanda quando scrivo o pubblico è: «Quale società ho in mente?».
Nel suo discorso di fine anno del 2018, il Presidente Sergio Mattarella ha parlato della «esigenza di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita». Ha parlato della Repubblica come del «nostro comune destino»: «Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme».
E il giornalismo? E la comunicazione? L’ambiente mediale oggi è talmente pervasivo da essere ormai indistinguibile dalla sfera del vivere quotidiano. Dunque non esistono più i «mezzi di comunicazione» intesi come strumenti, ma c’è un «ambiente» reale (e non puramente «virtuale») creato dalla rete. Si tratta di un ambiente non separato ma integrato con la nostra vita quotidiana. Quando parliamo di rete e di informazione in rete stiamo parlando di relazione. Ogni informazione crea una relazione e poi la relazione stessa diventa una informazione.
In questo ambiente sembra imporsi una narrativa della paura e del muro, una paura indotta che agita gli animi della gente con la proiezione di scenari inquietanti. La retorica politica sta sollecitando forze potenti, ma forse non ancora emerse dal profondo della società e dell’opinione pubblica.
Lo sappiamo di questi tempi nei quali una malattia epidemica mette sotto stress il corpo, ma anche la nostra anima, attaccano la fisiologia sociale. E il sintomo diventa simbolo di una influenza che ci «scorre dentro» (in-fluere) nei polmoni ma anche tra le sinapsi.
Serve quindi il riconoscimento di una fratellanza che è ciò che consente agli eguali di essere persone diverse. L’odio elimina il diverso. La fratellanza salva il tempo della politica, della mediazione, del compromesso, dell’incontro, della costruzione della società civile, della cura. Il fondamentalismo lo annulla in un videogame. Occorre «trasformare la consapevolezza di tutte le organizzazioni di media, editori e giornalisti e renderla a sua volta parte fondamentale delle pratiche dei media» (Carta dei 20 di Abu Dhabi).
Ecco perché un anno fa, il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, Francesco, il papa cattolico, e Ahmad al-Tayyeb, il grande imam di al-Azhar, hanno firmato uno storico Documento sulla fratellanza. E questo messaggio, in realtà, ha e vuole avere una proiezione ben più ampia e coinvolgere le religioni come tutte le persone di buona volontà. Ed è questo il messaggio di una giornata, ricca di contributi di leader religiosi, giornalisti e uomini delle Istituzioni organizzata venerdì 28 febbraio a Roma presso la sede de La Civiltà Cattolica. Il titolo dell’iniziativa è stato «Parole, non pietre» e riportiamo sotto il programma realizzato.
Un messaggio, breve ma preciso, ci è arrivato dal Cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, Presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Esso sintetizza il senso e la necessità dell’incontro realizzato: «Auguri per l’evento di venerdì, molto ben strutturato ed assolutamente necessario ai nostri giorni. Abbiamo bisogno di una nuova narrativa che faccia emergere la bellezza della fratellanza che da sempre esiste nei cuori, ma che oggi ha bisogno di comunicatori di verità, sincerità e amicizia».
Alla fine dell’incontro tutti i partecipanti hanno posto la loro firma su una tavola composta per l’occasione da Mauro Biani. Essa rappresenta in immagine il significato dell’evento: far sì che la parola scritta sia ponte e non pietra.
(Antonio Spadaro S.I.)
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Ore 9,30
- Introduce e modera
p. Antonio Spadaro S.I., direttore de La Civiltà Cattolica.
Saluti
- Guido D’Ubaldo, segretario nazionale Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.
- Raffaele Lorusso, segretario nazionale della Federazione Nazionale Stampa Italiana.
- Roberto Natale, coordinatore comitato scientifico “Articolo 21”.
Interventi
- Andrea Martella, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Informazione e all’Editoria.
- p. Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di San Francesco (Assisi).
Ore 10,30
Le parole non sono pietre. La lezione della Carta di Assisi
Video saluto di Liliana Segre, senatrice a vita, sopravvissuta alla Shoah e promotrice della Commissione parlamentare sull’antisemitismo
Interventi
- Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero delle Comunicazioni della Santa Sede.
- Muhammad Abd al-Salam, segretario dell’Alto Comitato per l’attuazione del Documento sulla fratellanza (in video).
- Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma.
- Alessandra Trotta, moderatora della Chiesa Valdese.
- Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia.
Firma della tavola di Mauro Biani
Conclusioni di Giuseppe Giulietti, Presidente Federazione Nazionale Stampa Italiana.