Poco dopo il successo dell’attesissimo lancio del telescopio spaziale JWST, alcuni siti di informazione, anche italiani, hanno riportato la notizia che la Nasa avrebbe ingaggiato 24 teologi per capire come le diverse confessioni religiose del nostro mondo reagirebbero alla notizia che nell’universo c’è vita oltre quella presente sulla Terra.
Tra le grandi aspettative su questa e su altre missioni spaziali – ad esempio, quella del rover Perseverance su Marte – c’è da sempre, infatti, certamente quella della «scoperta» di prove biologiche dell’esistenza di altre forme di vita. Tanto che esiste un ampio dibattito su come eventualmente queste andrebbero comunicate. Questione che riguarda il più esteso tema della natura stessa della scienza e della comunicazione scientifica, messa in grande crisi dalla polarizzazione delle posizioni sulla pandemia di Covid in corso.
In ogni caso, per quanto riguarda la NASA e i 24 teologi, le cose non stanno esattamente come sono state riportate:
No, NASA hasn’t hired theologians to study possible reactions to a discovery of extraterrestrial life, despite false claims online. NASA granted funding in 2015 to a research center that held a since-completed program on the topic. The truth is out there. https://t.co/bg3mqoxNEQ
— AP Fact Check (@APFactCheck) December 29, 2021
L’agenzia spaziale statunitense, però, ha in passato co-finanziato il citato programma CTI dell’Università di Princeton, conclusosi nel 2017, che includeva molti teologi. Tra questi il gesuita Andrea Vicini, che scrisse di quell’esperienza sulla nostra rivista. Che cosa si proponeva quel particolare gruppo interdisciplinare di ricerca?
Cos’è l’astrobiologia?
Innanzi tutto, il gruppo di ricerca del CTI ha tentato di dare una definizione a una scienza nascente, l’astrobiologia. Per la Nasa l’astrobiologia è «lo studio delle origini, l’evoluzione, la distribuzione e il futuro della vita nell’universo». Per l’astrobiologo e teologo Lucas Mix, «l’astrobiologia è lo studio scientifico della vita nello spazio. È ciò che succede quando si mette insieme ciò che l’astronomia, la fisica, la scienza planetaria, la geologia, la chimica, la biologia e una miriade di altre discipline hanno da dire sulla vita e cercano di offrire un unico racconto».
Inoltre, Mix afferma che «l’astrobiologia non studia la vita aliena». Inoltre, l’astrobiologia è spesso confusa con la ricerca di intelligenza extraterrestre (Search for Extraterrestrial Intelligence, Seti), che monitora le radiazioni elettromagnetiche per identificare possibili trasmissioni o comunicazioni da ipotetiche civiltà aliene. Per Mix, «l’astrobiologia nel suo insieme ha un rapporto complicato con Seti».
Come fare ricerca scientifica?
Un altro importante obiettivo di quel progetto del CTI era quello di definire i criteri di ricerca della nuova scienza, considerando le implicazioni sociali e politiche che potrebbe avere. Vennero individuate quattro caratteristiche, seppure generiche, la cui presenza può contribuire a far procedere in modo etico e socialmente meritorio la ricerca: democratizzazione, trasparenza, accessibilità e diffusione. Questi quattro principi vanno però integrati con un’ermeneutica critica che esamini obiettivi e progetti.
La «religione» dovrebbe sentirsi minacciata dall’esistenza di vita extraterrestre?
Come accaduto dopo il lancio del JWST, alcuni media sostenevano già qualche anno fa che se l’astrobiologia scoprisse altre forme di vita nello spazio, l’esistenza stessa delle attuali religioni ne risulterebbe gravemente minacciata. Vicini ha messo in forte dubbio questa ipotetica minaccia e ha proposto due criteri per una reciproca forma di sostegno tra astrobiologia e teologia.