“E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti,
abbiate il coraggio di aspettarci”
(Christus vivit, n. 299)
Scrivo con gioia qualche parola di presentazione alla raccolta di poesie di Luca Milanese. La bellezza, di cui Luca si fa portatore, non nasce da un faticoso lavoro su grandi temi o da un’accurata scelta di parole erudite, ma nasce come spontanea capacità di far emergere con parole giuste l’interiorità che lo abita e che gli fa vedere legami anche lì dove apparentemente sembra non essercene; sa cogliere nelle cose apparentemente casuali, una profondità nuova, diversa. La poesia di Luca è appunto diversa, potremmo chiamarla “canzoni senza note”. Il suo è uno sguardo interiore di cui la parola ne rappresenta un po’ la musica, lo strumento che usa per scavare e donare a chi l’ascolta, non tanto un concetto ma un’esperienza. La Bellezza è un’esperienza, e questo giovane ne dà prova in tre direzioni diverse: guardando sé stesso, guardando gli altri e guardando Dio.
Vorrei anche aggiungere che Luca ci costringe a ricordare che la prima forma di tenerezza è l’ascolto. Non ci sarebbe poesia se non ci fosse qualcuno disposto ad ascoltarla. Se il nostro tempo è povero di poesia non è perché è venuta meno la bellezza, ma perché facciamo fatica a metterci ad ascoltare. É l’ascolto gratuito di chi sa far spazio dentro di sé a cose diverse, nuove, apparentemente contraddittorie, ma che con il tempo appaiono invece profonde e più vere delle altre. La poesia è un esercizio gratuito di ascolto. La poesia è una tenerezza in doppia direzione: per chi la scrive e per chi l’ascolta. Auguro a Luca di poter diventare attraverso queste pagine uno strumento di bellezza e tenerezza, e incoraggiare i più giovani a tirare fuori i talenti che il Signore ha seminato dentro di essi, e che a volte non trovano il coraggio di manifestare per paura del giudizio o del fallimento.
Franciscus
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Dalla postfazione di p. Antonio Spadaro: La poesia di Luca Milanese ci sorprende. Non perché ci dica di cose inusuali o nuove. Ci sorprende perché parlando di pensieri e azioni di tutti, ce li offre come segno di una resurrezione, quella dell’autore. C’è un patto biografico tra l’autore e i suoi versi: quello del recupero della vita. Luca scrive che «la poesia non darà di certo la soluzione», ma può lasciarci «un brivido, una sensazione di esserci, una carezza al cuore. Potrebbe perfino dare la percezione che c’è qualcosa di straordinario». È grazie alla carta e alla penna che Luca recupera forza e brivido, voglia di vivere. Non allontana dalla realtà, come a volte si crede, anzi per lui «la poesia è un punto fermo che mi tiene sulla realtà delle cose». E allontana l’ombra che si intravede in questi versi. Ma addomesticata.
Queste poesie hanno avuto un lettore speciale: papa Francesco. E il Pontefice ha scritto una prefazione a questo volume. Non ci farebbe alcun problema, credo, leggere un testo papale accostato all’opera di un poeta che è entrato nella cultura e nella sensibilità di generazioni di uomini, specialmente se lontano di secoli. Ma non mi pare sia mai avvenuto che un Pontefice scrivesse una pagina che introduce l’opera di un giovane poeta. E questo ci dice molto di Francesco, ma anche molto di Luca.
Il gesto del Papa è eversivo: non sceglie il noto e il consolidato, ma l’acerbo che cresce. Mette la sua firma alle parole di chi non ha un discorso compiuto e riconosciuto come tale. Il suo interesse va per il work in progress. E così ci fa capire che è in questa tensione che troviamo la chiave per l’oggi: nell’osservare ciò che si sviluppa, e non il frutto maturo. La maturità dei versi di Luca consiste semmai in quel che il Papa afferma della sua poesia: «fa vedere legami anche lì dove apparentemente sembra non essercene; sa cogliere nelle cose apparentemente casuali, una profondità nuova, diversa». E la sua parola dona «non tanto un concetto ma un’esperienza».
Dobbiamo subito intenderci: la parola umana non è una notificazione esteriore ed appariscente di un pensiero, che potrebbe esistere altrettanto bene anche senza la parola. La parola è un pensiero incarnato, non la pura corporeità di un pensiero astratto. È l’elemento concreto in cui trova il proprio corpo tutto ciò che sperimentiamo e pensiamo. Questo si riconosce, e il Papa con ciascuno di noi, nelle pagine di questa raccolta: la parola coglie nelle cose una profondità nuova, riconducendo a un’esperienza e non a una astrazione, a un pensiero vago.
E questo gesto poetico di Luca Milanese, quello di creare connessioni e cogliere la profondità dell’esperienza, è un gesto di tenerezza perché di ascolto della realtà e di sé, lasciando spazio anche a cose apparentemente contraddittorie. L’esercizio di ascolto è la creazione di uno spazio in cui le cose – anche le più disparate – non si oppongono ma coesistono. Entrano in una dialettica emozionale che mai le annulla. Quella che qui leggiamo, dunque, è poesia di crescita dialettica e di contraddizione. Ma anche di respiro, di pace, di calma, proiettata anche negli elementi naturali: è un appello all’armonia, che questi versi sanno invocare in maniera struggente.
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Tre poesie dalla raccolta
In fondo
In fondo si pianta quel seme
In fondo alla fine del mondo
In fondo non bastano mai le parole
In fondo siamo soli
In fondo agli occhi c’è l’anima
In fondo all’oceano c’è una conchiglia con un tesoro segreto
In fondo pirati ancora lo stanno cercando
In fondo alla fiamma c’è un fumo
In fondo alle cose c’è la verità
In fondo alle guerre c’è la pace
In fondo mi nascondo dietro una parola
In fondo luce
In fondo alle piazze c’è la gente
In fondo a un sogno c’è un desiderio
In fondo alla pagina c’è un punto
In fondo alle sbarre c’è un segno
In fondo alla luna c’è un passo
In fondo alla storia c’è un senso
In fondo al muro c’è un varco
In fondo pace
In fondo al mondo c’è un saggio
In fondo al saggio c’è un mondo di esperienza
In fondo agli occhi una lacrima
In fondo al quadro una sagoma
In fondo alla stanza c’è una cassaforte
In fondo alle dita c’è un anello
In fondo alla fede c’è una scommessa
In fondo alla storia c’è un incrocio di storie
In fondo a una canzone solo parole
In fondo al destino c’è un giudizio
In fondo alla mia storia ci siete anche voi
In fondo me
In fondo amo.
Il passero
Passerò su queste cose non convenzionali
Passerò un’altra volta aspettando un altro sogno
Passerò dal grattacielo al cielo stellato senza un tetto
Passerò dai lampi e dai tuoni tra parole ed emozioni
Passerò dall’alba al tramonto e sera
Per tenerti compagnia anche nel cuore della notte
Quando non hai sonno e tutto intorno a te è spento
Passerò come un uccello che sbattendo le ali cavalca le correnti d’aria impercettibili
Passerò dalle pietre e le piante e da piccolo ti sembrerò gigante
Passerò in ogni luogo dove eri stato e sarò ogni luogo dove andrai
Per sempre insieme mai più solitario.
I Magi
I Magi si misero in viaggio da molto lontano
Dall’oriente per portare i loro doni
L’uomo d’occidente viaggia distratto in cerca di emozioni
Gli occhi si fondono al cielo stellato
Un’alchimia di luci ed emozioni si potrebbe pensare
Ma fino ad ora a passo svelto seguono quella scia lunare
E le correnti d’aria li guidano
Segni da esplorare
Sentieri da ripercorrere
Ostacoli e peripezie da affrontare
Un’altra volta
Un’altra notte
Una nuova e più lucente luce sale
E la cometa
Domina il cielo
E il mare si tinge di oro
Quasi un’attrattiva magnetica
Quasi le stesse orme
Custodi del mondo
Saggi e mercanti di generazioni
Portano i doni i Magi
In cuor loro già sapevano
L’inganno del re
Partiti dalle distese aride d’oriente
Custodi d’eternità
Mentirono ai potenti
Seguaci e maestri d’umanità
Sostando
Bluffando
Sapevano
Occhi verdi
E passo svelto dei loro dromedari
Trovarono da soli la strada per superare il deserto
Offrirono oro incenso e mirra
E vissero di felicità.
da Luca Milanese, Rime a sorpresa, Todi (Pg), Tau editore, 2020