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Il testo dell’intervento di Liliana Cavani nel corso della presentazione del volume “Una trama divina” di p. Antonio Spadaro.
È molto interessante questo saggio. Intanto, ha una bellissima introduzione del Papa. Poi entriamo nell’originalità di un testo che tenterò di spiegare come l’ho inteso.
Come sapete alcuni film sulla vita di Gesù Cristo sono stati nel tempo realizzati. Ma si immagina qui, in questo libro, qualcosa di nuovo, cioè di essere noi lettori sul set di un film che si sta girando sulla vita di Gesù Cristo. Spero di non aver capito male, io l’ho letto come andrò spiegando.
Noi siamo la folla presente sulla scena di un film su Gesù. Ma attenzione! Il film non viene girato, però, su pellicola: è un film speciale che viene girato per noi stessi, per la nostra mente, per la nostra memoria. Ciascuno di noi è trascinato come per caso dentro alla vicenda che viene raccontata. Ognuno resta sé stesso col suo proprio modo di reagire ai fatti che accadono.
C’è un regista che si chiama Antonio Spadaro che gira il film, noi lettori siamo solo delle comparse, siamo parte della folla che assiste ai fatti e siamo liberi di reagire liberamente davanti a quello che leggiamo. Sì, leggiamo, è un film da leggere. Noi lettori siamo soltanto folla; forse alcuni di noi sanno reagire da individui, altri invece si comportano secondo la regola del gregge.
Il film, ripeto, non viene girato su pellicola, ma è affidato all’attenzione e alla memoria di chi legge questo testo. Certo, qualcuno se vuole può dire la sua prendendo nota di quello che accade. Però devo precisare bene che non è un racconto tanto per far notte… No! È una recita che somiglia alla vita, anzi, è vita; è una prova per tentare di immaginare di essere una persona della folla presente sulla scena che viene narrata, di essere cioè una delle tante persone della folla che segue Gesù Cristo; o, se si è più ambiziosi, essere uno dei 12 apostoli, se magari si pensa di somigliargli, perché no?
La regìa ripeto è di Antonio Spadaro. Tutto dipende da lui. Come è giusto. È lui che ha deciso di realizzare questo film di parole e senza immagini. Guarda caso il cinema invece è nato muto e solo immagini. Qui accade il contrario, soltanto parole. Perché no? È comunque l’autore che guida le riprese. È lui che prepara e guida tutti gli attori. È lui che pensa come arrivare al cuore degli spettatori ed è lui che deve centrare il significato profondo del Vangelo, di tutta la sua vicenda umana e divina. È lui, infatti, che guida la troupe tecnica e gli attori, ma è soprattutto lui che deve riuscire a fare emergere il cuore e il senso profondo di questo racconto che è il Vangelo.
Certo non è semplice raccontare l’avventura di Dio che si inserisce – per amore – nella precaria vita degli esseri umani! Non solo. Ovviamente deve parlare della vita di quel ragazzo di Nazareth che appariva un po’ strano. È su di lui che il regista Antonio Spadaro imposta il suo film, un film diciamolo un po’ originale, ben strano, realizzato con totali e primi piani e piani medi senza cinepresa e senza obiettivi e senza tecnici. Però perché non provarci? Lui il film lo ha bene in testa e sa quello che vuole.
Pensateci: in genere vediamo dei film stando seduti in sala davanti a uno schermo e i fatti si svolgono sul grande telo del cinema e noi tranquilli seduti a guardare. Qui non è così! Sarebbe facile e comodo! Questo regista ci propone invece di fare parte del racconto. L’autore è ben convinto che «la trama divina» sia sempre attuale e sia normale essere dentro, e non davanti alla scena che lui sta narrando. Il regista sa che il cinema riesce a rendere quasi reali i fatti che racconta, meglio della prosa, e per questo è anche più popolare. Non lo fa per risparmiare dei soldi per le comparse (ci pensavo), ma ho pensato che forse lo fa per dirci una cosa precisa, per esempio: «cari spettatori, nella vita non si può stare solo a guardare, bisogna anche partecipare, condividere, far parte». Altrimenti il Vangelo che storia è? Leggi e poi, si sa, dimentichi facilmente. Bè, ci potevamo tassare e dargli il denaro per mettere insieme una troupe di tecnici e delle comparse. Come si fa sempre. Invece, mi sembra che il regista voglia dirci questo: «cari spettatori, è tempo di partecipare realmente al film della vita, le cose accadono sempre più o meno come accade nel racconto del Vangelo, ma è ora di viverlo!».
Viverlo? Non esageriamo! Per ora noi spettatori del «film-libro» o «libro-film» di Antonio Spadaro siamo qui seduti sulle poltrone come davanti a uno schermo e ascoltiamo e riflettiamo, ovvio, ma dobbiamo poi riflettere su che cosa fare: se stare sempre seduti a guardare oppure deciderci di partecipare al film, al suo farsi. Al suo farsi nella realtà!
Il film è scritto molto bene e questo aiuta chi legge a non distrarsi e a stare dentro alla storia insieme alla folla che segue il protagonista. Forse dovremmo davvero pensare che non possiamo sempre stare al cinema da spettatori, forse dovremmo avere il coraggio di entrare nella vita del Vangelo. Quella che, sia pure con varianti, accade in giro; quella, insomma, che chiamiamo Realtà.
Il Vangelo ricordiamolo è Realtà, non solo il testo di un libretto. È come un sonar perpetuo che chiama. Lo sappiamo. Ma, diciamola tutta, facciamo finta di non sentire. L’autore punta però sul vantaggio che si ha partecipando comunque almeno al racconto della vita di Gesù, considerando quello che desiderano dalla vita molti esseri umani, cioè la speranza di non essere nati per caso, ma di essere almeno l’esito di una piccola onda d’amore di Dio.
E in questo film su Gesù questo sperato amore proprio non deve mancare. E non manca infatti. Anzi questo è bel un film d’amore! Il protagonista è Gesù di Nazareth che dà la sua vita per noi, tutti noi! Ma anche noi, la folla, dobbiamo fare la nostra parte. Lo spiega meglio, come è giusto, il regista che dice: «Non c’è grazia se si ama chi ci ama, se si fa del bene a chi ci fa del bene, c’è grazia solamente nell’eccesso, nell’asimmetria cioè se si ama anche chi ci odia».
A pensarci però soltanto un Dio può riuscire a dire queste parole, solo Dio è perfetto. E su queste parole fanno affidamento in troppi. Ma nella cosiddetta «normalità» tutto questo, cioè il libro dell’autore anche regista, noi che ne parliamo, voi che ci ascoltate… non appare piuttosto come un sintomo di follia? Dopotutto la vita è una cosa seria, i problemi sono tanti e poi tanti, ce n’è uno ogni giorno! Già i messaggi che Gesù comunica a chi lo ascolta, diciamocelo, qualche volta appaiono un po’ eccessivi, quasi irricevibili, non dico «scandalosi» ma quasi, fosse per lui si dovrebbe amare anche gente che neanche vorresti sfiorare. Via ! Di sicuro con la sua guida è difficile combinare degli affari. E poi c’è da sempre un malinteso sulla parola Progresso da parte degli atei. Fare dei buoni affari è Progresso, è inutile fare divagazioni. Quale realtà ci sia poi dietro alla catena dell’affare non interessa; via, non si può saper tutto!
Ma torniamo al testo dell’autore e regista. Ha avuto l’idea di raccontare il Vangelo seguendo la tecnica filmica. Però è una sceneggiatura un po’ speciale, non è prevista la cinepresa! Tuttavia riesce a rendere possibile immaginare la trama e se ci pensate bene noi viviamo molto di più una vicenda interiorizzata di una soltanto guardata.