Quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario della Nostra aetate, la dichiarazione del Concilio Vaticano II sulle relazioni della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane[1]. Approvato il 28 ottobre 1965, al termine di un intenso confronto, questo documento – insieme a Unitatis redintegratio e Dignitatis humanae – rappresenta quello che papa Giovanni XXIII definì, all’apertura del Concilio (11 ottobre 1962), un vero e proprio «balzo in avanti» nella comprensione della Chiesa. In questi testi, infatti, l’identità cattolica si apre a una dimensione dialogica.
La Nostra aetate, al n. 2, dichiara solennemente che la Chiesa cattolica non rifiuta nulla di ciò che è vero e santo nelle altre religioni. La dichiarazione fu inizialmente preparata con l’intento di sanare le relazioni con il popolo ebraico e successivamente venne estesa anche alle altre religioni. L’approvazione di questo documento è avvenuta vent’anni dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale e la tragedia della Shoah. Da quel momento ha avuto inizio un percorso di riflessione interna, durante il quale l’identità cristiana è stata riconosciuta come inseparabile da quella ebraica.
Insieme al cardinale gesuita Augustin Bea, presidente di quello che allora veniva chiamato «Segretariato per l’unità dei cristiani», nella redazione della dichiarazione Nostra aetate ha avuto un ruolo di rilievo il rabbino Abraham Joshua Heschel, rappresentante dell’American Jewish Committee[2]. Nel maggio 1962 egli inviò a Bea un memorandum in cui proponeva alcuni punti fondamentali: la condanna esplicita dell’antisemitismo; l’eliminazione di ogni riferimento al popolo ebraico come «deicida»; il riconoscimento del giudaismo come tradizione religiosa viva e degna di rispetto; l’importanza del dialogo e della conoscenza reciproca.
Nel 1963 Bea si recò a New York, dove incontrò Heschel e altri leader ebrei, e in quell’occasione essi consolidarono un rapporto reciproco fatto di scambi intensi e franchi. Bea invitò più volte Heschel a Roma per contribuire al dibattito conciliare, come segno della stima e della fiducia mutua. Le osservazioni del rabbino influenzarono in maniera significativa le formulazioni della Nostra aetate, soprattutto nella parte che rifiuta le accuse di deicidio e condanna ogni forma di antisemitismo.
La vita e l’opera di Heschel
Abraham Joshua Heschel nacque a Varsavia l’11 gennaio 1907[3]. La sua formazione religiosa ebbe inizio a Medžbiž, una cittadina della Podolia, in Ucraina odierna, e continuò a Vilna e a Berlino. Tra i suoi antenati sono da annoverare rappresentanti fondamentali del movimento chassidicodel XIX secolo: rabbi Dov Baer di Mezeritch (il Grande Magghid), rabbi Abraham Joshua Heschel
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