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L’intervento introduttivo del direttore de “La Civiltà Cattolica” alla presentazione del volume “L’atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale”, con il Segretario di Stato della Santa Sede, card. Pietro Parolin, e il presidente del Consiglio dei ministri, on. Giorgia Meloni. L’evento si è tenuto lunedì 13 marzo, in occasione del decimo anniversario dell’elezione di papa Francesco.
Buona sera. Eminenza, Presidente, grazie per essere qui con noi. Eminenze, Signori Ministri e rappresentanti delle Istituzioni, signori ambasciatori, rettori, professori, colleghi direttori e giornalisti, benvenuti a Civiltà Cattolica. Grazie per la vostra presenza. Un grazie speciale all’editore Marsilio che ha realizzato la pubblicazione de L’atlante di Francesco nell’Universale Economica Feltrinelli.
Siamo nella sede de La Civiltà Cattolica che è la più antica rivista di cultura italiana, che oggi è pubblicata in 8 lingue differenti. Appartiene alla storia del nostro Paese perché nasce nel 1850, prima che l’Italia fosse. Ma La Civiltà Cattolica vive pure da sempre un forte rapporto di sintonia con la Santa Sede, un rapporto che la fonda e le dà senso.
Per questo abbiamo sentito necessario invitare nella nostra sede il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, e il Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni. Li ringrazio di cuore per la presenza tra noi questa sera. Il fatto che siano qui – e per la prima volta insieme in un incontro pubblico – ci onora e soprattutto ci incoraggia nel nostro peculiare lavoro giornalistico e culturale.
È da ricordare che per due volte sia il presidente Gentiloni sia il presidente Conte – da Primi ministri – sono venuti a parlare nella nostra sede. Dobbiamo colmare l’assenza del presidente Draghi, a causa del Covid. L’incontro con la Presidente Meloni rientra in questa tradizione nobile.
Siamo qui in una occasione davvero peculiare: il decennale dell’elezione al Pontificato del gesuita Jorge Mario Bergoglio, che ha assunto il nome di Francesco. Ricordiamo tutti, immagino, quei momenti. Oggi possiamo dire che da allora molto è cambiato nella Chiesa e soprattutto nel mondo. E oggi siamo qui per parlare di Chiesa e di mondo, appunto. Meglio: di come il Pontefice sia entrato nell’arena della politica internazionale con il suo profilo di leader spirituale e con la sua specifica diplomazia. Il libro che offre lo spunto per questo approfondimento ha proprio come titolo L’atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale, e nasce dalla fucina incandescente della nostra rivista.
La tesi è, in fin dei conti, una: che il Pontefice oggi – in un mondo a puzzle – è forse l’unica figura di leader morale di impatto globale. Detto questo, però bisogna innanzitutto articolarne e comprenderne la visione. Da qui l’invito al Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin. Ma poi bisogna confrontarsi criticamente con essa, a partire dalle prospettive differenti. Quella italiana è una di esse. Da qui l’invito al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Diciamo subito che la base della politica internazionale del Pontefice è la «fratellanza», cosa apparentemente curiosa e inusuale. Nelle relazioni internazionali si parla spesso di alleanze, di «vicini», persino di «amicizia» quando si elencano i «paesi amici». Anzi, oggi si parla di «friend shoring», una forma di protezionismo commerciale che comporta la produzione e l’approvvigionamento da Paesi con valori condivisi. Ma è davvero insolito che si parli di «fratellanza».
Forse è questo ciò che Francesco tiene vivo in un tempo di guerra mondiale a pezzi, i quali si vanno saldando: l’aspirazione universale che mai rinuncia all’identità culturale (e anzi la incoraggia e la valorizza). L’«interesse nazionale» per Francesco non scade mai nel nazionalismo. Scrive nella Fratelli tutti, 141: «La vera qualità dei diversi Paesi del mondo si misura da questa capacità di pensare non solo come Paese, ma anche come famiglia umana, e questo si dimostra specialmente nei periodi critici».
E quello che stiamo vivendo è un periodo critico. Come lo è stato quello della pandemia. Come lo è, appunto, oggi, quello dei conflitti. Le immagini della «martoriata Ucraina» sono sotto i nostri occhi. E lo dovrebbero essere anche quelle di tanti conflitti dimenticati. Davanti a noi abbiamo un’unica umanità che si ritrova in guerra con sé stessa e che deve prendere coscienza di far parte, nella sua interezza, della medesima famiglia.
Lo scenario politico mondiale è profondamente mutato dalla fine della Guerra fredda. Da più parti – lo stesso Pontefice e il Cardinale Parolin ne hanno parlato –, si invoca lo spirito di Helsinki dopo aver constatato il fallimento di Yalta e della sua logica. Corriamo sempre il rischio di confondere la parola «vittoria» con la parola «pace», riducendo semplicisticamente la pace a vittoria fino a dimenticarla e a farla sparire dall’orizzonte. E ricordiamo che il nostro incontro ha luogo nel 60° anniversario della Pacem in terris, la profetica enciclica di san Giovanni XXIII.
Le grandi sfide del nostro tempo sono globali. Ricordo che nel 2017 il Pontefice, ricevendo in udienza La Civiltà Cattolica, ci disse: «Solo un pensiero davvero aperto può affrontare la crisi e la comprensione di dove sta andando il mondo, di come si affrontano le situazioni più complesse e urgenti, la geopolitica, le sfide dell’economia e la grave crisi umanitaria legata al dramma delle migrazioni, che è il vero nodo politico globale dei nostri giorni».
Le migrazioni… Il Mediterraneo sta diventando «un grande cimitero», ha ricordato Francesco quest’anno agli ambasciatori presso la Santa Sede. E le sue parole – purtroppo – si sono rivelate più che mai attuali: «quelle vite spezzate sono l’emblema del naufragio della nostra civiltà», ha concluso il Pontefice, evocando la solidarietà della comunità internazionale. Dobbiamo fare in modo che «i viaggi della speranza non si trasformino mai più in viaggi della morte!», ha esclamato Francesco. Mai la speranza va tramutata in morte.
I temi forti sono tanti. Ed essi diventano domande per questo nostro incontro: Come la Chiesa pensa il mondo? Come l’Italia pensa il mondo, e come affronta le grandi sfide della politica internazionale? Quali le risposte agli appelli del Pontefice?
Invito il Cardinale Pietro Parolin a prendere la parola, ringraziandolo ancora una volta per la sua presenza tra noi questa sera.