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ABSTRACT – Il duplice attentato compiuto dall’Isis il 7 giugno 2017 a Teheran aveva come scopo principale quello di portare la guerra «in casa del suo maggiore nemico». È la prima volta che infatti l’Isis colpisce in Iran, che è uno Stato ufficialmente sciita – e quindi apostata, secondo il credo religioso (sunnita salafita) dei seguaci di al-Baghdadi – e che si trova in prima linea in Siria e in Iraq contro il cosiddetto «Stato Islamico». Così l’Isis ha anche inteso portare la «discordia» all’interno del mondo islamico, in modo da costringere il «gigante persiano» a compiere azioni di ritorsione contro i suoi nemici. Una ritorsione che indurrebbe le masse sunnite a schierarsi nuovamente con il califfo, ridando forza al suo progetto politico-religioso.
Il significato strategico di questo duplice attentato lo si comprende ancora meglio se lo si legge alla luce degli eventi accaduti poco prima in Medio Oriente e nei Paesi del Golfo Persico: in particolare, l’annuncio dell’offensiva su Raqqa, di fatto l’unica città ancora (in parte) in mano al preteso califfo, e il tentativo di isolamento del Qatar da parte dell’Arabia Saudita e degli altri Paesi sunniti. Un tentativo avvenuto, secondo molti commentatori, con l’avallo degli Stati Uniti.
Una delle questioni che contrappone da tempo questo piccolo emirato al gigante saudita è il suo rapporto amichevole (o almeno non conflittuale) proprio con l’Iran. I due Paesi si trovano sulle sponde opposte del Golfo Persico e gestiscono di comune accordo lo sfruttamento del maggior bacino (sottomarino) di gas liquido al mondo. Questi rapporti amichevoli, nonostante la differenza di credo religioso tra i due Stati (uno rigidamente sciita, l’altro sunnita-wahabita), non sono graditi a Riyad.
Questo il contesto dell’azione dell’Isis, che tra l’altro ha registrato reazioni da Washington non del tutto univoche. Ora, dal punto di vista geopolitico, dopo il duplice attentato a Teheran, sarà più facile per l’Iran del presidente Rouhani presentarsi davanti all’opinione pubblica internazionale come vittima piuttosto che come sostenitore del terrorismo. E mostrare, prove alla mano, che il vero problema per la sicurezza mondiale (soprattutto dopo i recenti attentati in Europa) è l’Isis, e che gli sponsor e i finanziatori del gruppo jihadista vanno cercati sull’altra sponda del Golfo.
In ogni caso, non sembra opportuno, almeno in questo delicato momento, rompere il largo fronte anti-Isis, il quale tiene insieme, tra gli altri, Paesi sunniti e sciiti: un fronte che combatte nella regione siro-irachena per sconfiggere ciò che rimane dello Stato Islamico.
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IRAN: THE SHIITES IN ISIS’ SIGHTS. The double attack in Tehran
The double attack carried out by Isis on June 7, 2017 in Tehran had the main purpose of striking at the heart of the Shiite state of Iran and take the war «to the home of its greatest enemy». Iran is in fact on the foreline in Syria and Iraq against the so-called «Islamic State». Isis meant to nourish the «discord» within the Islamic world. The strategic significance of this double attack is even better understood in the light of the events that took place shortly before in the Middle East and in the Persian Gulf countries: in particular, the announcement of the Raqqa offensive and the attempt to isolate Qatar by Saudi Arabia and other Sunni countries, with an unclear position on the part of the United States.