I sette peccati capitali (Nanatsu no Taizai) è uno Shōnen (manga per adolescenti) del maestro Nakaba Suzuki, scritto tra il 2012 e il 2020. L’ambientazione è fantastica: vi si mescolano temi legati al ciclo della tavola rotonda (siamo in un regno di Britannia, vicino Camelot, e troviamo un giovane re Artù), all’immaginario fiabesco (i popoli sono i demoni, le dee, le fate, i giganti e gli uomini). Come dice il titolo del manga, con termini presi dal cristianesimo, i protagonisti sono sette guerrieri leggendari che sono chiamati con i nomi dei sette peccati capitali. Senza contare che a un certo punto combatteranno dei demoni chiamati «I dieci comandamenti».
I giapponesi si sono mostrati sempre affascinati dal mondo occidentale e dal cristianesimo: questo non è infatti il primo manga che denota questi termini cristiani risignificati. Però a un lettore poco avvezzo questo potrebbe sembrare strano, se non proprio irrispettoso: qui i peccati capitali sono i buoni, quelli che riescono a salvare Elizabeth e il re, suo padre, nel regno di Liones e, in un quadro più ampio di lotta tra i diversi popoli, a portare la pace dopo 3000 anni di irrisolte rivalità.
Lo scopo di Meliodas, il protagonista con il peccato dell’ira, è di rompere la maledizione che colpisce lui e l’amata Elizabeth, lui demone, lei dea: si può vivere l’amore nella totale diversità? E che dire tra fate e giganti? Si può nascondere agli amici ciò che si è nel profondo, fino all’ultimo?
Tante sono le domande che si intrecciano, insieme alle battaglie e alle scene più puerili e divertenti. Anche i personaggi arrivano a una certa complessità, sia nella caratterizzazione sia nel tratto, sempre curato e ricco di particolarità. Lungo la storia (41 volumi, per un totale di 346 capitoli circa) si può cambiare fazione, scoprire che ciò che si cercava non esiste: i buoni non sono tali, la realtà è ben più complessa di come se la si è immaginata.
Come nella narrazione delle fiabe, l’intento è di raccontare la realtà trasformandola, e forse abbiamo bisogno anche noi oggi di paladini che eliminino gli assetati di potere, o li sappiano convertire verso una vita pacifica nella ricchezza della diversità.