La disputa tra governi e magistratura è spesso sulle prime pagine dei quotidiani, non solo in Italia. Uno scontro che assume toni allarmanti le cui implicazioni sono particolarmente insidiose.
L’azione di governo alle volte sembra dimenticare che i magistrati sono tenuti a rispettare le leggi e hanno la facoltà di interpretarne i contenuti. In una democrazia ordinaria come la nostra sono portatori di un potere autonomo garantito dalla Costituzione: non soltanto devono essere imparziali, ma anche apparire tali davanti all’opinione pubblica.
Per cogliere il nesso profondo dei rapporti tra esecutivo e magistratura è forse opportuno ricapitolarne l’evoluzione, almeno in Italia, e mettere in luce il vero punto di rottura – sul piano dell’ordinamento – avvenuto tra il 1946 e il 1948, quando l’indipendenza della magistratura da mera opzione formale divenne punto cruciale.
Un giudizio prezioso e tuttora assolutamente idoneo a comprendere il ruolo e l’azione dei due poteri fu espresso da padre Salvatore Lener sulle pagine de La Civiltà Cattolica il 17 maggio 1947, mentre si stava costruendo il testo della Costituzione.