
La solennità dell’Assunta è segnata dalla lode a Maria, madre di Gesù e madre nostra, assunta in cielo con il suo corpo. Oggi si avverano le sue parole: «Tutte le generazioni mi chiameranno beata». La Chiesa interpreta questa beatitudine con il suo stesso cantico di lode, il Magnificat.
Il Magnificat è il cantico di Maria in visita a santa Elisabetta. Avendo saputo che la sua parente è in attesa di un bambino, da Nazaret Maria si mette in cammino per raggiungere i monti di Giuda.
L’annuncio a Maria è stata la visita di Dio e quando il Signore visita ci dà la forza per andare dai fratelli: ci fa uscire di casa, ci mette in moto per le strade del mondo, per incontrare gli uomini, i fratelli e le sorelle.
Appena Maria è entrata nella casa di Zaccaria e ha salutato Elisabetta, il bambino sussulta nel grembo della madre che, «colmata di Spirito Santo», esulta in un canto di gioia: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? […] Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,42 s). Per Maria è un momento inatteso, sorprendente e culminante: ella apprende così di essere incinta, di stare per diventare madre, e prorompe in un canto di gioia e di amore.
«L’anima mia magnifica il Signore»: «Magnificat!» (= magnum facere, far grande, esaltare, lodare). Maria gioisce perché ha accolto il dono divino, la pienezza di Dio, la visita del Signore per la salvezza degli uomini. «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore». Maria non si compiace di sé, e nemmeno del dono ricevuto, ma del Donatore e del Salvatore. Lo «spirito» qui è il respiro, la vita di chi prende coscienza della propria comunione intima con Dio ed esulta per la sua grazia.
«Ha guardato l’umiltà della sua serva»: sarebbe meglio tradurre «la bassezza, l’umiliazione, il nulla». Il greco parla di «tapinità», una parola che indica vergogna, demerito, prostrazione, miseria… Qual era l’umiliazione di Maria? Quella di non essere ancora madre (cfr Lc1,36): la vocazione di ogni donna in Israele è quella di diventare madre, perché da una donna sarebbe nato il Messia.
«Grandi cose ha fatto in me l’onnipotente»: nella piccolezza di Maria Dio ha operato le cose più grandi che poteva fare colui che è onnipotente nell’amore. Poi vengono sintetizzati, in tre attributi divini, i segni dell’operosità di Dio: è il Potente, il Santo, il Misericordioso. Al centro si ha la santità divina: il mistero della trascendenza, dell’infinità, della diversità che si rivela nell’umano, nella piccolezza, nel farsi bambino per donarci la vita, la grazia e la misericordia. Dio è, nel suo intimo, amore che non può non amare, ci ha tutti nel cuore e si prende cura di noi.
«Ha spiegato la potenza del suo braccio»: Maria descrive in sette opere la storia della salvezza. Dio è il Potente che vince il male, l’orgoglio, la superbia, l’infedeltà, con la misericordia e il perdono, e innalza i poveri, gli affamati, gli umiliati.
«Ha soccorso Israele, suo servo»: Maria ringrazia per essere portatrice di ciò che realizza la promessa fatta ad Israele, suo popolo e se ne prende cura come di un figlio, «per sempre».
Al Vespro, al tramonto del sole, al termine di ogni giorno, la Chiesa invita i suoi figli a cantare il Magnificat: il canto di coloro che hanno sperimentato ancora una volta in quel giorno la salvezza, con le parole di Maria, la figlia di Sion, la Madre di tutti.
Maria, madre di Gesù e nostra madre, interceda per noi, presso suo Figlio, per il dono della pace nel mondo.