
Gesù disse: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera» (Lc 12,49-53).
L’autore della Lettera agli Ebrei (Seconda lettura: Eb 12,1-4) ci esorta a «correre con perseveranza, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede». Il Signore infatti fa sorgere la nostra fede e la perfeziona fino al suo compimento. La corsa è la vita cristiana, un cammino non sempre piano, spesso irto di ostacoli, dove i peggiori sono il male e il peccato. La Lettera mette in evidenza anche la mediocrità della nostra fedeltà, affermando: «Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato» (v. 4).
Il Vangelo precisa la meta della nostra corsa: la salvezza, che ci viene annunciata attraverso uno dei rarissimi testi che rivelano l’intimo del Signore. Gesù parla di un «fuoco» che è venuto ad accendere e che vuole far divampare: è il fuoco del suo amore che desidera accendere in quelli che ama, perché non c’è amore che non ambisca ad essere riamato. Il fuoco purifica, illumina, scalda il nostro cuore, accende in noi ideali nuovi, desideri di bene, impegno per la pace. E tuttavia scatena, fuori di noi e intorno a noi, divisioni, contrasti, opposizioni, resistenze. In queste situazioni difficili è necessario scegliere, guardare le cose in faccia e cercare la verità: si tratta di lottare non per cercare sé stessi, ma per donarsi e per servire i fratelli; occorre distinguere la vera dalla falsa pace, aver il coraggio di non seguire i propri desideri, ma quello che il Signore vuole. È l’esempio luminoso della vita di Gesù, della sua vicenda pasquale, della sua morte e risurrezione. Una vicenda drammatica da cui però nasce la vita vera. Il Vangelo è oggi un’esortazione a scelte coraggiose per la nostra esistenza.
In tal modo si comprende perché la parola del Vangelo porti «divisione e non pace», perché è contro una certa pigra tranquillità, contro la tendenza a evitare gli sforzi e a sfuggire i conflitti, contro la tentazione ad accettare facili compromessi con sé stessi, soprattutto di fronte alle scelte importanti, e davanti alle ingiustizie e alle umiliazioni sociali che uno subisce per essere stato fedele al Signore.
La prima lettura, dal libro di Geremia (38,4-10), ne è un esempio. Nel 588, i Babilonesi hanno sospeso l’assedio di Gerusalemme perché erano in difficoltà con l’Egitto. Nella città è un momento di sollievo e di euforia, ma il profeta con coraggio continua ad annunciare la distruzione della città, creando divisione e sconcerto. Allora i capi dell’esercito lo accusano di scoraggiare il popolo e per farlo tacere lo gettano in una cisterna condannandolo a morte. Geremia paga di persona, con la vita, la verità che ha dovuto annunciare. Solo un etiope si accorge del dramma del profeta e intercede presso il re per liberarlo. Poco dopo Gerusalemme sarà davvero sconfitta e devastata.
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Papa Leone XIV: «Preghiamo per quanti sono vittime di sistemi politici oppressivi, di un’economia che li costringe alla povertà, della guerra che uccide i loro sogni».