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Samantha Harvey, talentuosa scrittrice inglese, poco conosciuta in Italia, ha vinto l’edizione 2024 del Booker Prize con Orbital, opera originale che ibrida generi e tonalità di scrittura differenti, dal racconto al saggio scientifico, al diario di viaggio, alla meditazione e alla prosa poetica. Il romanzo descrive una giornata di vita quotidiana di quattro astronauti «occidentali» (Pietro italiano, Chie giapponese, Shaun americano e Nell inglese) e due cosmonauti russi (Anton e Roman) nella stazione internazionale che orbita intorno alla Terra, a 400 chilometri dalla superficie del nostro Pianeta. Per effetto della rotazione terrestre, i sei astronauti e cosmonauti ogni giorno assistono a 16 albe e 16 tramonti.
Orbital è un libro che innanzitutto celebra la bellezza del Pianeta. Molte sono le pagine che descrivono il paesaggio unico che si apre davanti allo sguardo dei sei viaggiatori spaziali. «La luce acquista bordi e membra, si piega e si apre. Si tende contro l’interno dell’atmosfera, si contorce e si flette, si allunga in nastri, si accende e si illumina, erompe in colonne di luce. Esplode attraverso l’atmosfera e innalza torri alte più di trecento chilometri. In cima c’è una striscia magenta che oscura le stelle, e su tutto il globo un ronzio di luce che scorre, tremola, abbaglia, e gli abissi dello spazio sono disegni di luce» (p. 53).
L’A. ci aiuta a recuperare il senso di meraviglia per l’incomparabile disuguaglianza che esiste tra il piccolo Pianeta che ospita la nostra vita e la vastità dell’infinito, e pone la domanda originaria: tanta bellezza è posta al centro del cuore e della mente da Dio? Oppure è una bellezza irrelata e lo spazio che si apre in vastità silenziose ci consegna a una radicale solitudine? Di fronte a sistemi solari e galassie, Nell si chiede chi sia l’autore: «Cosa può essere stato se non una forza sfrenata, disattenta e bellissima?» (p. 58). Di fronte allo stesso spettacolo, Shaun risponde: «Cosa può essere stato se non una forza sfrenata, attenta e bellissima?» (ivi). Harvey ci consegna domande preziose: «È solo questa la differenza tra i loro punti di vista, un po’ di attenzione? L’universo di Shaun è uguale al suo, ma è fatto con cura, segue un disegno preciso? Il suo è un evento naturale e quello di Shaun un’opera d’arte? La differenza sembra banale e insormontabile al tempo stesso» (p. 58). «E il progresso è bello?», fa chiedere la scrittrice a Pietro da sua figlia. E quanto può essere preziosa una vita che è «scivolata attraverso una crepa, una fessura della storia, e ha trovato una via di scampo mentre tutto crollava»? (p. 75). È la vita di Chie, la cui madre è sopravvissuta miracolosamente alla bomba nucleare di Nagasaki.
Ruotare intorno al Pianeta è vederlo senza confini e muri, e nemmeno tribù, guerre e corruzione, né particolari motivi per cui aver paura: «Un luogo senza limiti, un gioiello sospeso, così sorprendentemente luminoso. Non potremmo vivere in pace gli uni con gli altri? E con la Terra? Non è un desiderio ardente, ma una supplica disperata» (p. 90). Con essa contrasta un’altra consapevolezza: «Vedono finalmente la politica dell’avidità. La politica del crescere e prendere, la voglia di avere di più declinata in miliardi di modi diversi. […] Il pianeta è plasmato dall’incredibile forza dell’avidità dell’uomo» (p. 93). Sono molte le pagine che ci restituiscono un tono meditativo. Chi conosce la spiritualità ignaziana potrebbe trovare in tanti passaggi di questo libro materia per la «Contemplazione del mondo», proposta negli Esercizi spirituali.
Orbital è un romanzo di fantascienza? Se vogliamo usare le categorie di Fantascienza. Storia delle storie, di Angela Bernardoni e Andrea Viscusi (Roma, Armillaria, 2024), un agile manualetto che presenta in senso cronologico la nascita e lo sviluppo di questo genere letterario, possiamo rispondere con sicurezza che non lo è. Orbital, infatti, non presenta un futuro possibile, ma è costruito sul presente e sul passato recente. Ci restituisce delle avventure «spaziali» il sapore di un’impresa che sino a qualche decennio fa coinvolgeva l’intera umanità. Questo romanzo è pervaso di una sottile anima nostalgica. Ci riporta a quando la conquista dello spazio apparteneva alla narrazione comune, all’idea di un progresso a vantaggio di tutti gli esseri umani. Oggi lo spazio sembra essere il cortile per la competizione tutta privata di pochi super ricchi, che hanno le risorse per giocare a fare gli astronauti.